Quantoaccaduto domenica scorsa a Salerno, con la sospensione della partita di calciodi Lega Pro, Salernitana-Nocerina, su volere e pressione degli ultrà nocerininei confronti dei propri calciatori, è solo la punta dell'iceberg di un fenomenoche connota a tristemente lo stato di salute dello sport (il calcio in primis) edella società civile in Italia. Un fatto di cronaca che potrebbe ripetersi ognisettimana, e che spesso sotto la minaccia sia verbale che fisica, si palesacomunque sui campi sportivi delle serie minori. Il nostro Paese, che manifestada tempo una grave crisi anche nei valori morali e civili e di conseguenzanegli scambi e nelle relazioni sociali del vivere quotidiano, non riesce adebellare una piaga, quella della violenza dentro e fuori gli stadi, che purein altri paesi europei è stata notevolmente ridimensionata.
E' pur vero, da un lato, che forse è statasuperata l'epoca, a cavallo degli anni '80 e '90, in cui gli scontri e leviolenze fisiche tra tifoserie rivali si ripetevano puntualmente in tante cittàitaliane che ospitavano gli incontri e le trasferte degli ultrà. Questosignifica che la rivalità è scemata ed è diventata più soft? Che sono cambiatii modi e i tempi di farsi la guerriglia? No. Diciamo che da quando sono stateintrodotte misure quali i Daspo - i divieti di assistere alle manifestazionisportive - da quando incombe maggiormente il rischio di squalifica deglistadi o di chiusura delle curve e da quando è diminuita la "militarizzazione"dei campi di gioco con il presidio degli stewards delle singole società, sonoin calo le violenze e gli atti di guerriglia all'interno degli stadi.
Violenze chespesso però si spostano nelle zone "franche" antistanti gli stadi, neiparcheggi e nelle stazioni ferroviarie. Gli ultrà, in molte circostanze hannocambiato la strategia nel modo di esprimere la propria identità, il modo diessere, le forme di azione. Spesso si coalizzano tra di loro, hanno anche ilcontrollo sportivo delle società di appartenenza e dei loro calciatori.
Il veronemico da combattere per loro diventa lo Stato e chi per esso è proposto agarantire e gestire l'ordine pubblico. Uno Stato che da diversi anni latitasotto il profilo della ricerca e della diffusione di valori morali e civili,che preferisce affrontare le questioni spinose del vivere quotidiano più checon la "carota" dell'ascolto, del confronto, delle concessioni condizionate,con il "bastone" della chiusura, del rifiuto, dell'assenza.
Esasperando difatto maggiormente gli animi di chi, non seguito nel suo percorso di formazioneintellettiva e di crescita civile, continuerà a preferire l'insulto razziale,la minaccia verbale, la violenza fisica allo sfottò, anche sarcastico ecolorito, che sposerebbe meglio le virtù e gli insegnamenti dello sport e delvivere comune.