La giudice di Rio Daniela Barbosa ha imposto alle compagnie telefoniche brasiliane il blocco immediato diWhatsapp dopo che Facebook, proprietaria della celebre app per smartphone, si è rifiutata di condividere con la polizia carioca dati rilevanti perlo sviluppo dialcune indagini. Dopo poco la Corte Suprema ha però sospeso il blocco, con Whatsapp che è tornato a funzionare immediatamente. Continuano così gli attriti tra ilsocial network di Mark Zuckerberg e la magistratura brasiliana.

Il tormentato rapporto tra Whatsapp e la magistratura brasiliana

Non è infatti la prima granaperWhatsappin Brasile. Tutt'altro. Negli ultimi otto mesi il servizio di messaggistica istantanea era già stato bloccato altre due volte e sempre per una certa “reticenza” del social networkdi Mark Zuckerberg nel collaborare con le forze di polizia locali, non fornendo tabulati di chat e conversazioni susoggetti indagati. A dicembre 2015, un giudice di Sao Bernardo do Campoordinò la sospensione dell'app per 48 ore. Il blocco fu però revocato dopo sole 12 ore, grazie anche alle proteste di un centinaio di milioni di utenti sparsi per tutto il paese. Successivamente, a maggio di quest'anno, un altro magistrato aveva imposto un nuovo blocco di 72 ore a seguito di indagini sul narcotraffico in cui, tra l'altro, venne anche arrestato il vicepresidente di Facebook in Brasile, Diego Dzodan.

Anche in questo caso, tuttavia,l'applicazione tornò fruibile già dal giorno seguente.

Whatsapp, sicurezzaeprivacy neisocial network

Fulcro della vita individuale e sociale di centinaia di milioni di persone, ai social network e ai servizi di messaggistica istantanea come Whatsapp gli utenti chiedono il massimo rispetto della propria privacy.

Sopratutto dopo lo scandalo del Datagate NSA, aziende come Facebook si sono impegnate a garantire la riservatezza dei propri utenti, rischiando anche, come successo in Brasile, di andare contro la legge.Ma come due facce della stessa medaglia, il rispetto del diritto alla privacyviene a volte combattuto in nome del rispetto di un altro diritto fondamentale: il diritto alla sicurezza.

Negli Stati Uniti, per esempio, il Dipartimento della Sicurezza vorrebbe obbligare chiunque voglia entrare negli States a dichiarare la propria presenza on-line sui Social Media; una violazione della privacy, forse, nel tentativo però di scoprire potenziali terroristi.