Il co-fondatore e CEO di Uber, Travis Kalanick, si è dimesso dal proprio incarico nella giornata di oggi, mercoledì 21 giugno: l'ormai ex-numero 1 dell'azienda di San Francisco ha quindi ceduto alle pressioni degli investitori in questo senso, ma rimarrà comunque nel consiglio di amministrazione di Uber Technologies Inc.

La lotta di Kalanick con gli investitori va avanti da tempo

In un comunicato, la società statunitense ha spiegato come Kalanick si stia prendendo del tempo per riprendersi dalla morte della madre, avvenuta in un incidente in barca, "dando al contempo all'azienda lo spazio per entrare totalmente in questo nuovo capitolo della storia di Uber".

La mossa non è certo inattesa: conflitti tra il CEO ed i principali azionisti avevano caratterizzato gli ultimi mesi e le dimissioni sono solamente l'ultimo capitolo di questa vicenda.

Kalanick è considerato dagli investitori un impedimento al passaggio di Uber dallo status di Startup di enorme successo che ha occupato per 8 anni a quello di azienda formata e matura, in grado di macinare profitti con una certa costanza. Inoltre, gli ultimi tempi sono stati difficili per la società, colpita dall'esterno con la sconfitta in una causa per furto di proprietà intellettuale con Waymo (l'ex-divisione per le auto a guida autonoma di Google) e dall'interno con le accuse di essere un luogo di lavoro assai poco gradevole, caratterizzato da molestie sessuali e discriminazioni.

Uber: da piccola startup a colosso da miliardi di dollari in 8 anni

"Amo Uber più di ogni altra cosa al mondo e, in questo difficile momento nella mia vita personale", ho accettato la richiesta degli investitori di fare un passo indietro, in modo che Uber possa tornare a costruire anziché essere distratta da un altro scontro", ha scritto Kalanick in un comunicato ufficiale per spiegare la propria decisione.

Tramite l'omonima app, Uber fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato praticamente in tutto il mondo: l'azienda fu fondata nel 2009 da Travis Kalanick e Garrett Camp, al quale lo stesso Kalanick attribuisce i meriti per l'idea alla base della società. I due soci iniziali investirono nel loro progetto circa 200.000 dollari: la compagnia californiana ha concluso il 2016 con un fatturato di 6,5 miliardi di dollari, che non sono però stati sufficienti ad evitare perdite per 2,8 miliardi, troppo alte perché gli azionisti potessero accettare di buon grado che Kalanick rimanesse al timone.

Il piano iniziale del dirigente, che ha un patrimonio stimato in oltre 6 miliardi di dollari, non prevedeva le dimissioni, bensì di prendere un non meglio definito periodo di aspettativa, motivandolo con il lutto per la perdita della madre. La cosa non è però stata ritenuta sufficiente da Benchmark, First Round Capital, Lowercase Capital, Menlo Ventures e Fidelity Investments, che da sole possiedono oltre il 25% delle azioni di Uber ed il 40% dei diritti di voto della società: gli investitori volevano la testa del CEO e l'hanno avuta. Vedremo se questo basterà a cambiare il destino di una delle startup tech di maggiore successo degli ultimi anni, alle prese con le difficoltà nello gestire una crescita così imponente ed al tempo stesso così rapida.