Svettano sul display con nomi accattivanti come "Princess Plastic Surgery", "FaceTouchUp" o "High School Clinic Affair", affiancati dalle immagini di ragazze con labbra gonfie e visi tracciati da tanti piccoli abbozzi, pronti a subire l'azione del bisturi. Sono diverse le app di chirurgia plastica estetica che recentemente hanno spopolato tra le proposte di Play Store (Android) e Apple Store (Apple), talmente facili da trovare e scaricare che saprebbe farlo persino un bambino.

Anzi, agli occhi dei genitori statunitensi, che proprio in questi giorni stanno protestando contro i produttori di tali giochi virtuali, il vero problema sembra essere esattamente questo: nella maggior parte dei casi, si tratta di applicazioni ideate per bambini dai 9 anni in su.

Dalla sala operatoria allo smartphone

L'idea di tramutare la professione del chirurgo in un passatempo digitale aperto a grandi, ma soprattutto a piccoli, è stata immediatamente bocciata dal grande pubblico USA: rimuovere macchie cutanee, allenarsi ad effettuare rinoplastiche, liposuzioni ed iniezioni di botulino per rendere i personaggi di un gioco "magri e belli", sono immediatamente stati interpretati come insegnamenti diseducativi, soprattutto se rivolti ad un pubblico di giovanissimi che, agli albori della propria adolescenza, si ritroveranno presto catapultati in un turbine di ormoni, timori rispetto al proprio aspetto fisico e ostracismo delle imperfezioni.

Colpa del gioco o del giocatore?

Eppure - se si abbandona per un momento l'ambito delle app per smartphone, estendendo così il focus alla quotidianità - paradossalmente l'opinione generale circa la possibilità di effettuare qualche "ritocco", sembra andare nella direzione opposta: da un sondaggio dell'American Society for Dermatologic Surgery (ASDS), condotto lo scorso anno, è infatti emerso che sette persone su dieci (il doppio rispetto ai dati del 2013) hanno preso in considerazione almeno una volta l'idea di sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica.

Sebbene si tratti di numeri raccolti tra una popolazione adulta e "consapevole" della propria identità corporea, resta quindi innegabile e lampante il fascino che questa pratica esercita sull'intera popolazione (prevalentemente femminile). Tenendo conto dei desideri espressi dalle persone, sommati all'influenza esercitata da media, social network e grande schermo, è quindi davvero possibile scaricare tutta la "colpa" su un'applicazione telefonica?

Taglia-Copia-Incolla umano

Da qualsiasi punto di vista la si guardi, in sostanza, sembra che la volontà di cancellare tutti quei piccoli o grandi difetti che ci imbarazzano, ci infastidiscono o addirittura ci rendono paranoici, appartenga ad un'ampia fetta della popolazione mondiale. Se non smussate in modo salutare e conscio, queste insoddisfazioni estetiche, alimentate da un'ossessiva tensione alla perfezione, rischiano addirittura di sfociare in un Disturbo di Dismorfismo Corporeo (storicamente noto come dismorfofobia).

Secondo i dati della ricerca epidemiologica, a soffrirne sarebbe circa l'1,7-2,5% della popolazione generale, mentre tra i pazienti di chirurgia estetica, la percentuale può salire fino al 10-15%. Sebbene prevalentemente si manifesti in individui in età puberale, in alcuni casi tale patologia può protrarsi anche in età adulta, creando tutti quei "complessi di inferiorità legati all'aspetto fisico" che, nella nostra modernità più che mai, portano le persone a preferire un rimedio drastico di correzione rispetto ad uno sofferto di accettazione personale.