Sono tristemente note le critiche mosse a Facebook e al suo fondatore, Mark Zuckerberg, nelle ultime settimane. Dopo la vicenda di Cambridge Analytica, infatti, sono saltate fuori le problematiche legate alla privacy degli utenti che usano i social ed in generale la rete spesso senza prestare la necessaria attenzione ai regolamenti di piattaforme social come Facebook, Instagram, Whatsapp, Twitter o Snapchat (da notare come ben tre su cinque di queste piattaforme appartengono al giovane miliardario fondatore del colosso Facebook).

Zuckerberg è stato addirittura recentemente interrogato dal Parlamento statunitense ed è stato invitato a discutere proprio su Cambridge Analytica anche dalla Commissione dell’Unione Europea, invito recentemente accettato.

Il metodo utilizzato

Perché non è stato fatto prima? Come è stato possibile tutto ciò? È realmente così semplice scoprire ed eliminare in pochissimo tempo mezzo miliardo di account fasi in una rete che coinvolge miliardi di utenti e centinaia di miliardi di righe di codice, per non parlare dell’ammontare dei dati memorizzati nei data center di Facebook?

La risposta alla prima domanda è quasi banale: tutto ciò è stato fatto solo ora innanzitutto perché per sviluppare algoritmi con tale sofisticatezza sevono mesi, se non anni, di lavoro. Inoltre, dopo gli scandali di cui abbiamo parlato recentemente, è verosimile pensare che con queste accortezze siano state prese in questo periodo proprio per ridare un’immagine pulita a Facebook e al suo fondatore, infatti sono anche stati bloccati, oltre agli account falsi, anche tentativi di spam e immagine considerate troppo esplicite.

La riposta alla seconda domanda è più delicata e tecnica: vengono usati degli algoritmi progettati dagli ingegneri dell’azienda in grado di setacciare il codice corrispondente ai vari account e, presumibilmente tramite tecniche di intelligenza artificiale, vengono individuati quegli account che hanno delle caratteristiche tali da essere considerati falsi o usati per spam o frodi informatiche.

Questi algoritmi purtroppo (o per fortuna, altrimenti sarebbero anche bypassabili) sono proprietari e quindi non ne conosciamo il codice. Tuttavia è un buon segno la preoccupazione, interessata o meno, delle aziende a proposito di questi argomenti. Si speria anche che questo interesse venga mantenuto anche nei prossimi anni, e non solo fino a quando lo scandalo Cambridge Analytica finirà nel dimenticatoio.