L'Unione Nazionale Consumatori ha denunciato all'Antitrust le compagnie telefoniche nazionali per "pratiche commerciali scorrette". Sotto accusa: Tim, Vodafone, Tre, Fastweb e wind. Il motivo? Almeno una decina di voci, tra servizi misteriosi e tecnicismi incomprensibili, responsabili di far lievitare la temuta bolletta di un valore pari al 15% rispetto al previsto.

‘Voci misteriose’ e costi imprecisati

A rischio l’utenza fissa quanto quella mobile, soggette entrambe a sapienti dissimulazioni da parte degli abili operatori telefonici, i quali ricorrono a terminologie comprensibili solo agli addetti ai lavori e che sfuggono agli ignari utenti fino al momento del saldo, quando si scopre con sorpresa che i costi non sono esattamente quelli promessi e previsti.

Ad allertare l’Antitrust è l’Unione Nazionale Consumatori (UNC), a seguito delle numerose segnalazioni da parte degli utenti in merito a dettagli poco chiari. Per questa ragione, Tim, Vodafone, Tre, Fastweb e Wind dovranno rispondere di “addebiti oscuri per la fruizione di servizi vari”. Servizi che riveleremo qui sotto.

Cosa vuol dire ‘trasparenza’?

La promozione di un piano tariffario, con tutti i servizi che comprende, prevede da parte del gestore telefonico una completa e corretta informazione sui costi relativi e sulle fasce o categorie incluse ed escluse da tali servizi. L’attivazione dovrebbe dunque essere confermata solo quando l’utente avrà dato il consenso all’esecuzione della stessa avendo preso atto di ciò che comporta in termini economici e pratici.

Purtroppo, però, stando alle lamentele raccolte dall’UNC, questo non avviene che parzialmente. Anzi, ciò che si verifica quasi sistematicamente è che i contratti telefonici vengano sottoscritti con estrema facilità, tralasciando di approfondire quei dettagli tutt’altro che trascurabili per i quali la fattura riserverà in seguito quel 15% di “sorprendente” spesa imprevista.

Ecco cosa ha dichiarato a tal proposito Massimiliano Dona, presidente dell’associazione Consumatori: “Nell’ultimo periodo le lamentele su addebiti poco chiari da parte degli operatori che vantano negli spot la loro onestà si sono moltiplicate: possiamo parlare di un crescente imbarbarimento etico del mercato della telefonia”.

Quali sono i costi nascosti? Impariamo a riconoscerli

Si tratta di dieci servizi, suscettibili di passare facilmente inosservati, ma che potrebbero tranquillamente essere disattivati qualora se ne avesse contezza.

  • Segreteria telefonica: a dispetto di quanto farebbero credere i solerti operatori, questo servizio non è gratuito, ma richiede costi diversi, a seconda del gestore. Nello specifico, si va dai 20 centesimi di Tre per ogni chiamata alla segreteria (indipendentemente dalla durata del messaggio), a €1,50 al giorno previsto da Vodafone, passando per Tim, che permette di ascoltare le comunicazioni presenti nella “inbox” ad un costo variabile in base al proprio piano tariffario.
  • “ChiamaOra”, “Richiamami”, “Ti ho cercato”: benché in molti lo ignorino, i servizi di notifica delle chiamate senza risposta hanno un costo, variabile da 12 centesimi al giorno per Vodafone; 19 centesimi settimanali per Wind; €1,50 mensili per Tre, fino a raggiungere €1,90 bimestrali per Tim.
  • Piano Tariffario Base: anche il piano “Base” ha un prezzo, uguale per Tim, Vodafone e Wind, pari a 50 centesimi settimanali. Inoltre, Tim è solita attivare l’opzione automatica “TIM Base”, offerta gratuitamente per il primo mese, ma disattivabile al costo di tre euro.
  • Credito residuo: incredibilmente a pagamento anche conoscere il proprio credito, almeno per i clienti Vodafone, ai quali il servizio costa addirittura 40 centesimi a chiamata, mentre l’informazione è gratuita se richiesta tramite app o sito internet.
  • “Altri costi”: pare che tutti i gestori telefonici addebitino ai propri clienti i cosiddetti, non meglio precisati, "costi d’incasso". Per quanto inspiegabile, la voce compare puntualmente in ogni fattura. È il caso di Fastweb, ad esempio, la quale richiede €1,81 al mese sotto il dettaglio “altri costi”, tralasciando di specificare a cosa si riferiscano.
  • “Tutto incluso”: nonostante in alcuni casi l’abbonamento preveda la formula “tutto incluso”, spesso gli operatori non si preoccupano di informare i clienti dell’addebito di costi aggiuntivi per chiamate da linea fissa. Tim, ad esempio, attua un "costo a consumo" per le chiamate verso altri operatori.
  • Antivirus: molti gestori forniscono "di default" un servizio antivirus, all’atto dell’attivazione della sim-card. Ma alcuni di loro (come Vodafone, con il servizio “Retesicura”) dimenticano di sottolineare che il servizio sia gratuito solo per i primi tre rinnovi, ma passi poi ad un euro ogni ventotto giorni per quelli successivi.
  • Penale in caso di recesso anticipato: se ne è esente chi recede dal contratto oltre la scadenza del termine minimo dell'abbonamento (in genere 24 mesi), in caso di risoluzione anticipata il cliente rischia di andare incontro ad una penale, variabile in base all’operatore scelto. Wind, ad esempio, prevede una penale di €16, mentre Tre pretende un pagamento pari a €49. Infine chi volesse disdire “Vodafone Smart” senza aver ricaricato almeno €179, dovrà aspettarsi una penale di €26.
  • Attivazione di una sim-card in un punto vendita: non tutti ne sono a conoscenza, ma attivare una sim in negozio prevede, oltre al costo della sim stessa, un ulteriore addebito per l’attivazione: da 3 a 5 euro, che non si pagherebbero attivando la scheda online.
  • Hotspot (modem): in alcuni casi, la navigazione in modalità “tethering” (ovvero la funzione che consente di utilizzare lo Smartphone come gateway per fornire l’accesso internet ad altri dispositivi ) ha un costo aggiuntivo rispetto al piano tariffario. Succede, ad esempio, con Vodafone, già diffidata dall’Agcom proprio per questa ragione.

Raccomandando ai clienti di prestare più attenzione e di pretendere spiegazioni dettagliate per ogni singola voce del contratto sottoscritto, l’UNC ha invitato a condividere pubblicamente le proprie esperienze, utilizzando l’hashtag #costinascosti.