Con la primavera è giunto il tempo degli asparagi. Cucinarne un mazzetto dopo averli raccolti è una soddisfazione difficile da comprendere, per chi è avulso dal richiamo della natura, tra cinguettii di uccelli e ronzio d'insetti.

I posti e il tempo in cui cercarli

Innanzitutto occorre conoscere i posti giusti, poi, bisogna avere occhio. Essere temerari non è necessario, ma premia se i luoghi di "caccia" sono impervi per la presenza di crepacci e di pendii irti di vegetazione.

L'habitat naturale dell'asparago selvatico è la macchia mediterranea.

Si trova a suo agio anche nei boschi, prolifera soprattutto vicino agli spini, agli arbusti, ai rovi e alle ginestre. Ma, se non c'è l'asparagina, rischiate solo di perdere tempo, non lo troverete anche se doveste girare come una trottola per una giornata intera.

Il periodo degli asparagi selvatici è generalmente compreso tra marzo ed aprile: inutile muoversi prima, sarebbe tempo perso. Quasi altrettanto inutile è farlo dopo, poiché non se ne troverebbero molti, e quelli presenti sarebbero con i turioni aperti o ingrossati, secchi e legnosi, senza sapore.

Rispettare i tempi, dunque, e sperare che piova. A quel punto sarà sufficiente che il giorno dopo sia accarezzato da un sole leggero, allegro e baldanzosamente primaverile, che la soddisfazione di vederli spuntare come funghi non tarderà ad arrivare.

La raccolta degli asparagi: poche, semplici regole per portarli a casa

Sono dappertutto, eppure, all'occhio meno avvezzo sembrerà che siano già stati tutti raccolti.

Andar per asparagi, oltre che entrare in simbiosi con la natura, è un'arte. E l'arte, si sa, non è cosa per tutti.

Se tuttavia osserveremo alcune semplici ma fondamentali regole, potremo anche noi, già dopo il tramonto, mangiare gli asparagi raccolti, cucinandoli in una delle molteplici varianti: magari affogati in frittata col formaggio, o gustandone i teneri e verdi turioni in un cremoso risotto, o rendendoli ingredienti principe di una bella torta salata

Si parta allora, e si indossino stivali o scarponcini da montagna per prevenire spiacevoli incidenti, una giacca frangivento ed un berretto, a protezione da eventuali graffi e urti, sempre possibili nelle zone da setacciare.

Dei guanti, un coltello o un paio di forbici (meglio) sono utili allo scopo, mentre una busta o uno zainetto sono quasi indispensabili per contenere il futuro sudato frutto del raccolto.

Non serve altro, se non la voglia di mettersi subito all'opera.

Giunti sul posto occorre partire da un punto qualsiasi della vegetazione e "zoommare" con gli occhi l'ambiente circostante, girandosi attorno, respirando a pieni polmoni i profumi della campagna, alla ricerca dell'asparagina, pianta pungente, madre protettrice dell'asparago.

Trovata l'asparagina non è detto però che al primo colpo troveremo anche il suo frutto. Il trucco sta nell'ispezionare attentamente la parte bassa della vegetazione, anche da alcuni metri di distanza dalla pianta madre, ad una ventina di cm circa da terra.

A quell'altezza potremo infatti più facilmente individuare l'asparago, in quanto la colorazione verde scuro tendente al marrone del suo gambo stacca nettamente dal contesto vegetativo in cui è mimetizzato il turione, la parte tenera e morbida, ovvero cuore e testa dell'amato ortaggio.

E quando l'avremo trovato, è molto probabile che ve ne siano altri. Nostro compito sarà armarsi di pazienza e vista lunga, trovandoli tutti, raccogliendoli nel modo che segue.

Senza fretta, con pollice e indice della stessa mano spezzeremo il gambo dell'asparago ad un'altezza di circa 15-20 cm dal suo turione, avendo cura di proteggere quest'ultimo con l'altra mano, in modo da impedire che si spezzi all'atto del prelievo, essendo esso la parte più buona, ma anche la più delicata e tenera.

Quando non sia possibile estrarre l'asparago verso il basso, liberandolo dalle spine e dall'abbraccio pungente dell'asparagina, molto importante è allora agire con cautela, per non pregiudicare l'integrità del turione, che potrebbe spezzarsi a causa dell'urto con la vegetazione circostante, o di un movimento incauto al momento della raccolta.

Necessario è a questo punto prendere il turione, dopo averne reciso il gambo, e tirarlo lentamente verso l'alto in senso verticale, in modo da "sfilarlo" senza danni dal suo habitat naturale.

Ecco, il gioco è fatto. Si tratta di spostarsi oltre, ispezionare altre asparagine e ripetere l'operazione più e più volte, fino a comporre un mazzetto che andremo poi a legare con un fil di ginestra, per tenerlo compatto, evitando che lungo il tragitto possano spezzarsi i turioni.

Negli spostamenti gli asparagi così sistemati andranno infilati sotto l'ascella, con le punte rivolte alle nostre spalle, in modo da proteggerli da eventuali urti con la fitta vegetazione, o in caso di cadute.

Ah, dimenticavo: buon rientro e soprattutto buona cena!