Un tempo erano un simbolo di carcerati e marinai, che per una sorta di status symbol da tracciare sulla propria pelle in modo indelebile. Poi a partire dagli anni '90, il tatuaggio si è diffuso come una moda, per scrivere sulla propria pelle un ricordo indelebile, una frase, un simbolo a cui teniamo, il nome di un caro che non c'è più o di un nostro idolo. Si è verificato così un autentico boom nella fascia d'età tra i 20 e i 35 anni, per almeno tre generazioni. Ma oggi si sta verificando il fenomeno opposto: la rinnegazione di quei disegni, la voglia di vederseli cancellati, per i motivi più disparati.
E non è certo semplice farlo. C'è chi per il lavoro che svolge lo ritiene imbarazzante o magari fuori luogo. C'è chi non crede più in quel simbolo o lo ritiene banale. C'è chi non ama più quella persona il cui nome riecheggia sulla propria pelle. C'è chi si è stufato semplicemente raggiunta l'età adulta. C'è chi non ama più la posizione dove è collocato. Ma c'è anche chi non può portarlo per motivi di Salute. E cosa fare per cancellarlo?
Fino a dieci anni fa cancellare un tatuaggio era ritenuto quasi impossibile. Oggi, ricorrendo a un'adeguata chirurgia estetica è infatti possibile eliminare quasi del tutto la parte interessata, senza che ne rimanga alcuna traccia o che si sviluppino effetti collaterali sulla salute del paziente.
Bisogna dire, che ciò non è sempre possibile, ma varia secondo i casi e a volte, fattore determinante, in base ai medici, ovvero mettersi nelle mani di un ottimo chirurgo. Occorrerà comunque in tutti i casi mettere mano al portafogli e armarsi di sana pazienza. Tradotto: ci vogliono tempo e soldi. Del resto gli esperti hanno sempre messo in guardia sulla troppa facilità di farsi un tatuaggio.
Sia perché è una tecnica invasiva che ha a che fare con la cute, sia perché, appunto, è poi difficile rimuoverlo. Una moda delicata, complicata, che non va eliminata come un taglio di capelli, un vestito o una tintura. Dunque pensateci almeno un po' prima di recarvi da qualche tatuatore. La cui scelta, peraltro, pure è delicata.