Si avvicina il 6 gennaio, con il suo carico di preoccupazioni per il clima, ma anche di festività. La Natura che riprende il proprio cammino circolare. Questo è il messaggio di figure folkloristiche come la befana, ormai date per scontate nell'immaginario popolare, fino ad approdare agli spot pubblicitari.

La vecchia con la scopa volante e le scarpe rotte arriva di notte, per portare dolci e doni ai bambini. Da dove arriva? In primis, dall'etimologia. "Befana" è il nome popolare dell'Epifania, nota ricorrenza della manifestazione di Cristo ai popoli.

Si ricollega al cap. 2 del Vangelo secondo Matteo, in cui si narra l'arrivo di "alcuni Magi [...] da Oriente a Gerusalemme" (Mt. 2, 1), per venerare il re dei Giudei annunciato da una stella.

Prima di Cristo

Per riallacciare la figura della Befana a un quadro cristiano, si ricorre a una "vulgata": i Magi, per raggiungere il Bambinello, avrebbero chiesto informazioni a una vecchietta, invitandola poi a seguirli. Lei rifiutò. In seguito, pentita, si sarebbe messa sulle loro tracce, non riuscendo a trovarli. Da allora, avrebbe portato regali a ogni bimbo incontrato, sperando di trovare in lui il piccolo Cristo.

Ma il personaggio ha radici più antiche. Lo stesso mese in cui "viaggia nottetempo" prende il nome da Ianus, il dio latino delle soglie, compreso l' "ingresso nell'anno".

Quello fra dicembre e gennaio era un mese-cerniera nel ciclo agricolo. Esso comprendeva il solstizio d'inverno, la notte più lunga dell'anno, che lasciava paventare la scomparsa del sole e delle messi.

Riti propiziatori legati al solstizio non si ritrovano solo presso i Romani, ma anche in ambito celtico e mitraico. Nella cultura germanica, esiste la figura di Berchta: forse una sposa di Odino, poi decaduta a megera e spauracchio dei bambini.

E' comunque probabile che abbia origini popolari e medievali.

Alla Befana, sono simili le fate celtiche, portatrici di prosperità o di carestia, ma anche la dea lunare Diana, legata alla cacciagione e alla vegetazione. La sua scopa volante simboleggerebbe (stando a Wikipedia) la purificazione delle case (e delle anime) per il rinnovo delle stagioni.

Il carbone è quello dei falò anticamente tipici della festa, ma anche una scoria del vecchio anno "bruciato". Al tempo dell'imperatore Aureliano (214/15 - 275 d.C.), dal 25 dicembre al 6 gennaio, un tronco di quercia doveva ardere, perché dal carbone ricavato si sarebbe potuta leggere la sorte dell'anno venturo. Ciò avveniva nell'ambito dei festeggiamenti per il "Sol Invictus" (= Sole non sconfitto"), da Aureliano enfatizzati.

Doni, fuoco e prodigi

La Befana, portatrice di fertilità, è femminile. E' vecchia, perché vecchia è la Natura tramontata nell'inverno, pronta a rinascere in primavera. Il carattere speciale della sua notte fa sì che il folklore contadino le abbia attribuito ogni sorta di prodigi: alberi che fruttificano, acque che diventano oro, animali che parlano, regali per i bambini e oroscopi sulle future nozze delle ragazze.

Modi diversi di parlare della generosità della terra, desiderata durante il gelo.

La Befana è anche affine alla "vecchia", il pupazzo bruciato sul rogo in numerose località europee: resto di un antico scongiuro contro gli spiriti maligni e segno dell'anno passato che se ne va. Le civiltà propriamente contadine vanno scomparendo, ma non la voglia di rileggere antichi simboli. Conforto nell'inverno e abbondanza di doni sono desideri immortali: anche quando si trasferiscono dai focolari al televisore.