Correva l'anno 1945, era d'aprile: il 25 Milano fu liberata dal nazifascismo e quella data sarà scelta simbolicamente per festeggiare la liberazione di tutta l'Italia. La legge per l'istituzione di questa giornata, in memoria dei caduti, degli uomini e delle donne che hanno animato la Resistenza e anche del contributo Alleato nella vittoria finale, fu fortemente voluta da Alcide De Gasperi e approvata nel 1949.

Da allora il 25 aprile di ogni anno nelle nostre case e nelle nostre mani sventolano più tricolori del solito, forti di una serie di diritti e di libertà di cui godiamo grazie al sacrificio che i giovani di settant'anni fa hanno fatto per noi.

Come onorare la loro memoria? Come ricordare il loro non aver paura di stare dalla parte giusta? Come conoscere il passato per essere maggiormente consapevoli del fatto che i diritti di cui godiamo, parafrasando Calamandrei, vengono proprio da quelle lotte partigiane lì?

Per esempio possiamo farlo leggendo romanzi ambientati proprio nel contesto della Resistenza, romanzi più o meno autobiografici, che ci fanno comprendere come si viveva da antifascisti e che cosa hanno dovuto subire persone normali come noi, non certo eroi, per la propria idea di libertà e giustizia.

A seguire, appunto, alcune letture suggerite per celebrare, ora e sempre, il 25 aprile.

Il sentiero dei nidi di ragno

Il romanzo, pubblicato da Italo Calvino nel 1947, racconta la guerra civile con gli occhi di un bambino, Pin.

La storia è ambientata in Liguria, luogo in cui lo stesso Calvino, appena ventenne, ha combattuto sui monti coi partigiani. Pin è un bimbo molto solo: la madre è morta, il padre si è rifatto una famiglia, la sorella fa la prostituta e va a letto coi tedeschi. Varie vicissitudini porteranno il piccolo a incrociare la vita di un gruppo di uomini partigiani, che lui osserva con la curiosità tipica dell'infanzia, non capendo fino in fondo il loro "desiderio" di amare e di uccidere.

Solo un uomo sembra a Pin degno di lui: Cugino, che si interessa addirittura al suo sentiero dei nidi di ragno, dove si rifugia e trova sempre conforto.

Una citazione dal romanzo: "Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano".

La casa in collina

Cesare Pavese ha scritto le più belle pagine della Resistenza italiana, la sua stessa vita resterà per sempre schiacciata dal peso della guerra, fino al suicidio avvenuto nel 1950.

Nel romanzo "La casa in collina" protagonista è Corrado, un uomo solo che lascia Torino per andare a vivere in una tranquilla collina lì intorno. Proprio su quella collina incontra una donna che aveva amato in passato e che, al contrario suo, non è affatto indifferente e apatica nei confronti della storia. Mentre Corrado è immobile a osservare lo svolgersi degli eventi senza intervenire, Cate partecipa attivamente alla guerra partigiana, come suo figlio Dino, che Corrado sospetta essere il suo. Nonostante una parte di sé vorrebbe schierarsi apertamente a fianco dei partigiani alla fine lascia la collina e torna in città, a guardare da una posizione più comoda lo svolgersi della Resistenza sulle montagne.

Una citazione dal romanzo: «Non sei mica fascista?» mi disse. Era seria e rideva. Le presi la mano e sbuffai. «Lo siamo tutti, cara Cate, - dissi piano - se non lo fossimo, dovremmo rivoltarci, tirare le bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s'accontenta, è già un fascista».

Lessico famigliare

È un romanzo famigliare, della famiglia Levi, quella di origine dell'autrice Natalia Ginzburg (Ginzburg è il cognome del marito). L'opera narra le vicende attraverso lo scorrere del tempo: Natalia era bambina, poi cresce, si sposa, resta perfino vedova. Tutto parte dall'avvento del fascismo, da quando si credeva che sarebbe stato un fenomeno passeggero che avrebbe sfiorato soltanto le vite delle persone, passando per il momento in cui si prende consapevolezza che non sarà così, fino all'apice delle leggi razziali e di tutte le conseguenze che deve subire una famiglia di origine ebraica apertamente antifascista.

Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana

L'opera è importante e no, non si tratta di un romanzo in questo caso, bensì di una raccolta densa di ricordi, speranze, dolori raccontati tutti da uomini e donne che sapevano di essere stati condannati a morte per il loro non essere fascisti. È un libro davvero imperdibile, perché non c'è parte romanzata o finzione, non ci sono filtri ad attutire le sofferenze umane. Ogni parola è scritta col sangue di uomini e donne innocenti che muoiono a testa alta, con onore e dignità, forti della propria idea e sicuri che il loro sacrificio contribuirà alla Liberazione dell'Italia assediata dal nazifascismo.

Uomini e no

Il romanzo di Elio Vittorini è considerato il primo della Resistenza, una Resistenza dipinta dall'autore in modo stanco, priva di qualsiasi tipo di orgoglio e convinzione.

Accanto a chi, come abbiamo visto nel romanzo epistolare precedente, andava incontro alla morte a testa alta, fiero di essere dalla parte giusta, Vittorini ci dice anche che c'era chi invece moriva stanco, dubbioso sull'utilità della sua fine, desideroso solo di una vita normale. Il confine tra fascisti e partigiani si fa più labile in questo libro, come se tutti, per un verso o un altro, fossero un po' uomini e un po' no: senza il bene e il male separati nettamente da una divisa diversa.