La storia si ripete. Potremmo spiegare così il finale di Gilmore Girls A Year in the Life, che ha finalmente rivelato le famose quattro parole che Amy Sherman-Palladino si è tenuta dentro da anni.

In quattro episodi, da 90 minuti ciascuno e dedicati a una singola stagione, riscopriamo le ragazze Gilmore un po' invecchiate ma sempre in gran forma, che bevono caffè, mangiano tacos e parlano a manetta a suon di citazioni pop. Stars Hollow è esattamente come l'avevamo lasciata, con le sue feste e i suoi personaggi bizzarri a cui ci siamo affezionati negli anni.

Ma dopo quasi dieci anni, per le Gilmore qualcosa è cambiato e le troviamo di fronte a un bivio, perse e disorientate, nel tentativo di non farsi travolgere dagli eventi della vita, come la morte di Richard (l'attore Ed Herrmann è scomparso nel 2014).

È davvero una degna conclusione?

Ciò che aveva spinto creatrice e attori a ritornare sul set e dar vita di nuovo alla magica e ovattata Stars Hollow era il desiderio di dare una degna conclusione a una delle serie più seguite della televisione, a una storia che ci ha accompagnati per anni, esattamente dal 2000 al 2007, ma rimasta orfana della sua creatrice nel 2006, che non aveva avuto l'opportunità di concludere alla sua maniera. Opportunità che gli ha dato Netflix, in quanto regista e sceneggiatrice dei nuovi episodi del revival, insieme al marito Daniel.

La domanda sporge dunque spontanea: c'è davvero riuscita?

Ciò che Amy Sherman-Palladino ha dato vita, è senza dubbio un piccolo miracolo. Rimettere insieme tutti quegli attori, ricreare quell'alchimia e quello stile unico, aggiornando il proprio repertorio ai giorni nostri - che va dal citare la Brexit al fenomeno Game of Thrones - era tutt'altro che facile.

Sotto questo punto di vista, si può considerare una sfida vinta, ma con alcune riserve. Non tutti gli episodi convincono, infatti, i migliori sono “Winter” e “Spring”, e alcune storie sembra abbiano l'unico scopo di allungare il brodo, forse anche a causa della limitata disponibilità di molti attori che appaiono solo in piccoli cameo.

Non tutto dunque è andato esattamente secondo i piani che Sherman-Palladino custodiva nella sua mente da anni. Ma di sicuro le quattro parole finali sì: quella della creatrice è una scelta sia furba che corretta, è il cerchio della vita, è la storia che si ripete che ha nella fine il principio. Peccato che in molti avrebbero voluto godersi almeno un pezzo di quella storia che attraverso quelle fatidiche quattro parole, invece, viene lasciata solo alla nostra immaginazione.

Un finale che fa discutere

Ed è proprio su quelle parole che il pubblico si è letteralmente spaccato, tra chi urla al capolavoro e chi allo scandalo, chi la considera la perfetta chiusura del cerchio e chi vorrebbe ancora un altro capitolo.

E se il finale della settima aveva condotto ad un verdetto unanime di insoddisfazione, questo - nettamente migliore - ha alzato senza dubbio un gran polverone.

Non è difficile immaginare infatti come Sherman-Palladino abbia scelto accuratamente quelle parole per avere un finale aperto e non precludersi un eventuale seguito. Scelta furba dunque, come abbiamo detto. Ma se al contrario la creatrice avesse il coraggio di mettere un punto, voltare pagina e non lasciarsi incantare dalle sirene di Netflix, allora dovremo accettarlo, ringraziarla per quelle sei ore emozionanti, con tanto di cappello.