A cinque mesi esatti dal referendum con cui la Gran Bretagna ha scelto di dire addio all'Unione Europea, il quadro economico comincia a farsi cupo. Il Cancelliere Philip Hammond ha dipinto un quadro grigio scuro per i prossimi cinque anni. Abbiamo chiesto a tre esperti del settore finanziario che conoscono bene la City di Londra di spiegarci la situazione attuale e le prospettive per l'economia britannica nel futuro più o meno prossimo. Tutti e tre hanno accettato di parlare solo a patto di rimanere anonimi per non coinvolgere gli istituti per cui lavorano.
'Incertezza è la parola chiave'
"I mercati non sono entrati nel panico perché l'impressione generale è che il processo di distacco del Regno Unito dall’Unione Europea prenderà più tempo dei due anni previsti dal Trattato di Lisbona dopo l'attivazione dell'articolo 50. Magari tra 4-5 anni saremo ancora qui a parlarne". Così M.P., executive director presso un'importante banca americana. "Incertezza è la parola chiave. Tutte le banche stanno soffrendo per questo clima e tutte stanno preparando un piano di riserva. Nel caso peggiore, cioè nel caso di hard Brexit con la perdita dei diritti di passporting (cioè l'esercizio del diritto di un'azienda registrata in uno dei paesi dell'Area Economica Europea di fare affari con qualunque altro paese di detta area senza richiedere ulteriori autorizzazioni, ndr), più di un istituto potrebbe spostare le proprie attività, del tutto o in parte, sul continente. È un'ipotesi che non piace a nessuno, anche perché comporterebbe costi non indifferenti, ma deve essere presa in considerazione. Dovesse succedere, la scelta cadrebbe quasi sicuramente su Francoforte, che è la sede della Banca Centrale Europea, con Dublino e Parigi in scia. Milano? La vedo difficile...".
'Brexit, danno autoinflitto ma non una tragedia'
"L'impatto negativo c'è stato soprattutto sulle attività finanziarie che hanno bisogno dei passporting rights per operare - conferma G.C., partner presso un importante fondo d'investimento -. Sembra davvero poco plausibile che il governo sia in grado di dare una stretta all'immigrazione senza una corrispondente restrizione del libero commercio e dei passporting rights.
Sembra dunque che molti posti di lavoro che si basano sull'esercizio di questi diritti saranno spostati sul continente. In linea di massima, la cosa avrà un impatto negativo sull'economia londinese con la perdita di posti di lavoro e il calo del mercato immobiliare. Per l'economia in generale - prosegue - ci aspettiamo un rallentamento dell'attività e del PIL, particolarmente per quanto riguarda gli investimenti.
La svalutazione della sterlina produrrà benefici limitati per le aziende che esportano, mentre genererà inflazione che sarà sentita dai consumatori, in specie da quella classe medio-bassa che ha votato per lasciare l'Unione Europea. Direi che la Brexit è un evento negativo e autoinflitto, ma non tragico. Certo, il risultato finale dipenderà in larga parte dal tipo di Brexit che si avrà, se soft o hard".
'Possibili nuove sorprese in negativo'
"Il mercato ha avuto una reazione pacata di fronte al budget autunnale del Cancelliere - commenta infine K.E., managing director presso uno dei principali istituti di credito britannici - apparentemente ignorando il fatto che le entrate fiscali sono in diminuzione e che, invece di avere come obiettivo un surplus di bilancio nel 2020, Philip Hammond cercherà di portare l'indebitamento strutturale sotto il 2% del PIL nel 2020-2021 e di ritornare al pareggio di bilancio nella prossima legislatura.
La sterlina ha reagito positivamente all'annuncio di un piano governativo di 23 miliardi di investimenti in infrastrutture e ricerca, ignorando il rischio di un calo della crescita e di minori entrate fiscali. Da questo punto di vista, potrebbero esserci ulteriori sorprese in negativo nel 2017".