Non è un segreto che l'Italia sia da moltissimo tempo meta ambita per i turisti stranieri. La varietà dei motivi che la rendono attrattiva è un dato fondamentale per capire questa tendenza. Ci sono le montagne e c'è il mare, ci sono le città d'arte, i borghi storici e i rilassanti paesaggi collinari, c'è un'enogastronomia invidiata da tutto il mondo e ogni luogo è così ricco di specificità da essere praticamente unico. L'Italia, infatti, è attrattiva anche per gli stessi italiani.
Purtroppo, quest'eredità in termini di bellezza e varietà che l'Italia si ritrova non è mai stata frutto di una concreta politica nazionale volta a considerare il turismo come uno dei settori trainanti dell'economia. Sono diversi i fattori alla base di questa negligenza. Innanzitutto la gestione delle politiche turistiche, la quale è affidata alle Regioni. Questo decentramento, in parte utile vista la grande varietà italiana, rende libere le Regioni di promuovere al meglio il proprio territorio: uno dei maggiori risultati, però, è una forte dispersione di costi poiché, in assenza di direttive centrali a riguardo, ogni Regione tende a comportarsi come un piccolo stato a sé.
In ambito nazionale la situazione si fa poi complicata. Un'agenzia nazionale per il turismo è presente fin dal 1919, tuttavia il successivo rapporto con le singole politiche regionali spesso non si è rivelato costruttivo. A questo si aggiunge il fatto che il Ministero del Turismo sia stato, nel tempo, un Ministero a intermittenza. Istituito nel 1959, è stato abolito tramite referendum nel 1993 per poi essere reintrodotto prima come Dipartimento presso il Consiglio dei Ministri nel 1999 e poi come Ministero senza portafoglio nel 2009.
I tentativi di dare al turismo un coordinamento nazionale che faccia da quadro e dialoghi in modo costruttivo con le Regioni sono dunque molto recenti. Il primo Codice del Turismo è stato emanato dal Ministro Brambilla, ma si è rivelato inattuabile poiché troppo invasivo nei confronti delle libertà regionali sancite dalla Costituzione. Il secondo ed ultimo tentativo risale invece al mese scorso ed è opera del Ministro Gnudi, designato al turismo nell'ultimo esecutivo tecnico. Il Ministro uscente si è impegnato a varare un Piano Strategico per il Turismo, volto sia ad analizzare lo stato attuale del settore, sia a definire una serie di obiettivi volti soprattutto a far funzionare il tavolo Stato-Regioni.
Tra i problemi legati al settore, bisogna poi ricordare come viene da tempo trattato il territorio italiano, tra abusivismo edilizio, eco-mostri, inquinamento e rischio idrogeologico in costante aumento. A questo va aggiunta anche la scarsa attenzione per il patrimonio storico-artistico, uno dei principali magneti dell'offerta turistica italiana la cui tutela e valorizzazione non sono sempre perseguite a dovere (il caso di Pompei parla da solo).
Per concludere, il mondo del turismo sembra affetto dalla stessa sindrome che colpisce proprio il suddetto settore dei beni e delle attività culturali: essere considerato un orpello pervenutoci in eredità e materia di serie B, invece di un elemento che può contribuire a rilanciare l'economia del paese, anche dal punto di vista dell'occupazione.