Era una domenica quel 14 gennaio 1968 quando a Poggioreale si avverti la prima scossa di Terremoto. Alle 13,29, mentre le famiglie erano riunite a pranzo nelle loro case, la terra tremò. Non fu una grande scossa e per fortuna non ci furono gravi conseguenza, ma le persone preferirono trascorrere la notte fuori dalle loro abitazioni, e questo scelta salvò le loro vite. Nella notte, alle 3, la terrà tremò ancora nella valle del Belice, ma questa volta molto più violentemente; Gibellina, Montevago e Salaparuta furono rase al suolo, Poggioreale Salemi, Santa Ninfa, Santa Margherita Belice, Roccamena furono gravemente danneggiate.

Da quella notte nel paese di Poggioreale il tempo sembra essersi fermato.

Poggioreale oggi

Oggi Poggioreale è poco nota; coloro che percorrono la statale 624 chedalla città di Palermoporta a sud, al più possono fermarsi incuriositi a Gibellina, ma Poggioreale è molto, forse troppo isolata per essere notata.Io sono arrivato un po’ per caso in questo luogo in una sera di agosto, quasi al tramonto. Ero in viaggio con la mia famiglia e la curiosità ci ha spinto ad abbandonare la statale e ad avventurarci lungo la stretta e solitaria strada che si inoltra nella valle. Dopo qualche chilometro di assoluto silenzio, e senza incontrare anima viva, siamo arrivati a quello che una volta era Poggioreale.

Devo ammettere che non ero affatto preparato all’impatto emotivo che la visita della cittadina mi avrebbe procurato, al punto che per diversi giorni ho provato un senso di malinconia ripensando a quella sera.

Le rovine

Ciò che colpisce il visitatore, una volta entrato fra le vie di quella che un tempo era un paese, sono gli scheletri delle case, con le facciate pur deturpate, ma ancora in piedi, e i balconi ancora attaccati al muro ma con il vuoto dietro.

Camminando per quella che un tempo era la via principale, si arriva alle rovine del teatro. Sulla volta a mezzacupola si vedono ancora i resti degli affreschi, che coprivano per intero il soffitto. E non è difficile immaginarsi la musica e i canti che dovevano echeggiare in quel luogo. Passando fra le case dalle mura in parte crollate, si intravedono i resti di una vita normale; una stanza con un quadro appeso alla parete, un lampadario che ancora penzola dal soffitto, una porta aperta sul vuoto.

Arriviamo in un grande spiazzo, una volta era piazza Elimo, la piazza principale del paese; da qui partiva la lunga scalinata che portava alla Chiesa madre, ora rimangono solo macerie. Saliamo quello che resta della scalinata e arriviamo sul sagrato. Quella notte quasi tutta la chiesa crollò, solo il campanile curiosamente rimase in piedi. Fa impressione vedere una parte di quella che fu una cappella laterale con ancora un affresco, forse un angelo.

Dalla piazza della chiesa si può vedere il paese, le vie vuote che scendono verso la valle. E su tutto regna un grande, opprimente silenzio, si sente solo il vento che soffia fra le rovine, ti aspetti di sentire una voce, un movimento ma niente, solo silenzio.Eppure si ha quasi l’impressione di sentirla quella vita, che un tempo scorreva lungo questi viali; oggi invece solo silenzio.

Incontro inaspettato

Sulla piazza incontriamo una signora; ci dice che abitava a Poggioreale fino a quel terribile gennaio. Ci racconta di come era il paese, dov’era il panettiere, il fruttivendolo, ci mostra le insegne seminascoste dall’edera. Racconta delle serate trascorse al teatro, degli incontri sulla piazza con le amiche. Mentre l’ascoltiamo mi sembra di tornare indietro nel tempo. Ancora oggi mi chiedo se quella donna fosse reale o piuttosto una visione.Il sole è tramontato, sta diventando buio; decidiamo di uscire. Il paese di notte va restituito alla sua vita, al suo incanto. E ce ne andiamo in silenzio, quello che abbiamo visto e sentito ci ha colpito, è stata una esperienza unica.Se vi capita di passare per la valle del Belice per vedere i suoi borghi, fate una deviazione, andate a Poggioreale e preparatevi a vivere emozioni intense.