Un muro contro muro, un ruolo ambiguo, un mistero. Sono i primi tre elementi fuoriusciti dai negoziati di Astana tra il governo siriano di Bashar al-Assad e l'opposizione arabo-sunnita moderata. Lo scontro, naturalmente, è attorno alla posizione del leader di Damasco sul quale i ribelli non intendono negoziare: vogliono Assad fuori dai giochi. Le ambiguità, tanto per cambiare, sono quelle della Turchia di Recep Erdogan. L'ultima posizione espressa in merito ha manifestato chiaramente apertura sul futuro di Assad: è la prima volta dall'inizio del conflitto.
Il mistero è legato ad un presunto bombardamento congiunto che avrebbe visto protagoniste le forze aeree di Russia e Stati Uniti. La notizia arriva da Mosca ma da parte di Washington è pervenuta una smentita.
'Transizione politica senza Assad'
"Il nostro obiettivo è quello di stabilizzare il 'cessate il fuoco' e portare avanti la transizione politica iniziando con l'uscita di scena di Bashar al-Assad". Lo ha detto Muhammad Alloush, capo delle delegazioni dell'opposizione siriana. "Siamo uomini di pace - ha aggiunto - ma anche cavalieri di guerra", manifestando la sua intenzione di negoziare ma anche di riprendere il conflitto, dinanzi ad un nulla di fatto. Dichiarazioni forti che hanno scatenato la protesta di Damasco.
"La delegazione dell'opposizione è illegittima", ha detto Bashar al-Jaafari, capo-delegazione del governo siriano, definendo "insolenti" le parole della controparte ed accusando la stessa di "violare i termini degli accordi".
I tre 'arbitri'
I negoziati di Astana, come noto, sono stati fortemente voluti da Russia e Turchia. L'Iran è il terzo 'arbitro' del summit.
Successivamente Russia e Turchia hanno deciso di invitare ai negoziati anche gli Stati Uniti e nella capitale kazaka sono intervenuti gli ambasciatori statunitensi, francesi e britannici. Esclusi dal meeting le milizie curde, per volontà della Turchia, ed i jihadisti del'ex Fronte Al Nusra. Russia ed Iran sono i maggiori "sponsor" politici di Assad mentre la Turchia era tra i più accesi sostenitori della ribellione.
La posizione di Ankara è diventata meno intransigente la scorsa estate, dopo i primi colloqui tra Erdogan e Vladimir Putin. Alla fine della scorsa settimana il vicepremier Mehmet Simsek ha espresso ufficialmente il cambio di posizione del governo turco. "La situazione è cambiata, insistere su una soluzione senza Assad oggi non è realistico". Tuttavia dalle parti di Damasco ci si fida poco del nuovo 'alleato'. La delegazione di Assad, infatti, ha incontrato i rappresentanti di Mosca e Teheran ma non quelli di Ankara. "La Turchia ha violato la sovranità siriana - ha ribadito al-Jaafari - ed ha fornito assistenza ai terroristi". I negoziati sono in salita, da qualunque parte si guardi. Il portavoce di Erdogan, Numan Kurtulmus, mantiene comunque ottimismo.
"Le parti sedute al tavolo sono reduci da sei anni di guerra, non ci aspettiamo certo una soluzione in pochi giorni. Le posizioni sono lontane ma raggiungeranno un punto di riconciliazione con il prosieguo dei colloqui".
USA-Russia: primo raid congiunto?
Intanto ieri il ministero della difesa russo ha dato notizia di un primo raid congiunto da parte dell'aviazione di Mosca e della coalizione internazionale a guida USA. Obiettivo le postazioni dell'Isis in Siria. Il dipartimento di Stato americano ha però smentito. "L'unico canale di comunicazione con i russi è la 'linea di sicurezza' per evitare incidenti con i nostri aerei". Si tratta di una nota a margine dei negoziati, se fosse vera costituirebbe senza dubbio un primo segnale di distensione tra le due superpotenze.
Quanto ai colloqui di Astana, nessuno si attendeva che fossero semplici. Il traguardo a cui mirano Putin ed Erdogan, i grandi 'tessitori' della questione siriana, è quello di un clima meno ostile in vista dell'8 febbraio, quando a Ginevra riprenderanno i negoziati 'ufficiali' sotto l'égida delle Nazioni Unite.