Ha fatto e continua a far discutere il caso della donna 39enne, Marica Ricutti, licenziata dall'Ikea a Milano. Il licenziamento della donna ha causato diverse polemiche nel mondo della politica e forti prese di posizione da parte dei colleghi, che hanno espresso la loro solidarietà e intendono manifestare per l'immediato reintegro della lavoratrice. La vicenda ha fatto e continuerà a far discutere molto, anche per via del fatto che la donna è madre di un ragazzo disabile e ha sostenuto che l'orario di lavoro assegnatoli dai rappresentanti della multinazionale svedese coincideva con quello riservato alla terapia dello stesso figlio disabile.
La riposta dell'Ikea: 'Il licenziamento è avvenuto perché lavorava meno di sette giorni al mese'
La risposta dei rappresentanti dell'azienda svedese non si è fatta attendere ed è stata ripresa da alcune testate e agenzie di stampa nazionali, tra cui l'Adnkronos. Stando a un articolo riportato sul sito della stessa 'Adnkronos', i rappresentanti dell'ikea hanno sostenuto che il licenziamento della donna è avvenuto a causa delle sue troppe assenze. Più specificatamente, è stato affermato che la donna ha lavorato meno di sette giorni al mese negli ultimi otto mesi e che negli ultimi tempi si è spesso "autodeterminata l'orario di lavoro". Tale "autodeterminazione dell'orario di lavoro" è avvenuta senza preavviso e senza dare nessuna comunicazione di sorta, creando in tal modo notevoli disagi per l'azienda.
Le proteste dei sindacati contro il licenziamento
Il licenziamento di Marica Ricutti è stato fortemente criticato dai sindacati, che hanno sin da subito espresso solidarietà per la lavoratrice. Come riporta un articolo di 'Rai News', il segretario milanese della Filcams Cgil Marco Beretta ha sostenuto che con questo licenziamento Ikea ha voluto dare un forte segnale a tutti i suoi dipendenti e la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan ha dichiarato che il licenziamento della donna costituisce un fatto gravissimo e fa capire quanto sia difficile per una donna conciliare l'attività lavorativa con gli affari famigliari.
Inoltre, i rappresentanti dei sindacati hanno chiesto l'immediato reintegro della donna e hanno dichiarato che l'azienda svedese deve rispettare le norme che tutelano le donne lavoratrici.
Al di là di chi abbia ragione sulla vicenda, indubbiamente essa continuerà a far discutere per alcuni giorni e