Vasco Rossi ha portato avanti più che un revival, ha posto le basi di un nuovo modo di intendere l’autocelebrazione, che ha riunito il senso intimo e universale delle sue musiche, ricongiungendo l’intimismo autoriale con la spettacolarizzazione visiva, riportando nel suo olimpo ogni spettatore che ha deciso di affrontare un viaggio, verso il Modena Park, sapendo di dover affrontare molto più di un semplice concerto. Quattro ore di musica e non solo: è stata l’occasione di fermarsi dopo gli indugi e le corse, un modo disatteso di attraversare un passato, il proprio, spintonati dalla memoria, i ricordi, soprattutto quelli più spigolosi.

Questo concerto è stata la scelta inconsapevole di chi ha deciso di farsi raccontare dalle parole sopraffatte dalla vita di un cantautore così immediato.

La favola nelle sue canzoni

Ed è proprio la potenza di Vasco Rossi, l’immediatezza, la sottile arma di narrazione che lo contraddistingue e che coinvolge sempre più pubblico. La dimostrazione è tutta nei suoi spettatori, che non aspettano altra occasione di viaggiare, vivere le attese, le file e le bruciature per avere poi un balsamo che ne lenisca ogni ferita. Vasco Rossi ha smesso di essere un semplice cantautore da un bel pezzo, nel suo modo di distruggere, ricreare e narrarsi con una sincerità disarmante. Ognuno ha un proprio modo di approcciare alle sue canzoni: chi desidera un momento di estraniamento, di solitudine, o chi ha voglia di sconfiggere un abitudine, un proprio dolore, o comprenderlo e amarlo addirittura.

Vasco Rossi ha aperto le sue rime ad un popolo che difficilmente si ritrova in un solo spazio, in una maniera così copiosa, per lo stesso motivo o lo stesso bruciante bisogno, come nelle favole.

Il suo impero musicale è talmente immenso che si possono percorrere chilometri o metri per poterci essere, non sarebbe abbastanza, le distanze sono limiti che lui stesso ha deciso di non imporsi, volendo esserci non solo per chi era presente, ma anche per chi soffriva per la propria assenza.

Ha aperto il concerto con le colpe, ha precisato il suo pensiero, forse identico a quarant’anni fa, forse dimentico di alcuni vizi, ma sempre chiaro, reale e tempestivo nel suo corso. Vasco ha ricordato a milioni di persone quanto sia fragile, maestoso, quanto sia e sarà sempre un artista monumentale, la cura a tutti i mali, buoni e cattivi, che per un momento ci si può scrollar di dosso. Un uomo beffardo, pungente che riempirà sempre parchi, palazzetti e arene. Un artista da ascoltare immobile, con esuberanza, con gioia sofferente, ma senza ridere.