La riforma della previdenza è ormai vicino al traguardo di settembre. La riforma del sistema pensionistico sarà uno snodo cruciale della prossima legge di stabilità. La Commissione Lavoro sta valutando attentamente le proposte di flessibilità in uscita, quote di contributi versati e di sistema contributivo. Delle ormai popolari proposte del Presidente dell’INPS Boeri e di quelle del Presidente della Commissione Damiano si è fatto un gran parlare e sono ormai perfettamente conosciute dall’opinione pubblica. Il lavoro da fare non sarà quello di sceglierne una, ma la riforma dovrà diventare una sintesi, il Testo Unico in cui sicuramente confluiranno punti di tutte le proposte.

Oltre alle citate proposte, ce ne sono altre sette già depositate dal PD che sicuramente entreranno a far parte della riforma perché trattano punti tralasciati dalle altre.

Punti cardine della riforma

Il Pd, ma allargheremmo il discorso a tutta la maggioranza di Governo punta ad anticipare l’età pensionabile a 62 anni sempre penalizzando l’uscita precoce in una percentuale annuale del 2%. Si tratta della tanto agognata flessibilità in uscita che si sposa perfettamente con la quota 41, ovvero l’ammontare degli anni di contribuzione in cui non ci sarebbe nessuna penale da pagare per l’anticipo di pensione. Si valuta anche se concedere ai quota 41, anche l’abbattimento della soglia di età anagrafica a 57 anni.

Un occhio di riguardo comunque deve necessariamente essere buttato alle donne ed ai problemi pensionistici del gentil sesso. Un primo passo è già approvato, ed è la proroga al 31 dicembre 2015 dell’Opzione Donna, l’uscita a 57 anni e 35 di contributi concessa alle lavoratrici. Ma c’è ancora da fare vista la disparità di trattamenti e di possibilità che una donna ha avuto e continua ad avere nel mondo del lavoro.

Cosa c’è in cantiere per le donne?

La riforma prevista con il Governo Monti, quello che ha avuto a che fare con il punto più alto della crisi, ha innalzato a partire dal 2012 l’età pensionabile per le nostre donne. In media le lavoratrici da quel giorno devono attendere tra i 5 ed i 7 anni in più per andare in pensione rispetto a quanto previsto in precedenza.

Una disegno di Legge allo studio (la 1.881), prevede lo sconto di due anni per ogni figlio per i periodi di cura della famiglia che si sono dovute sobbarcare le donne lavoratrici, soprattutto nei casi di figli e famigliari disabili. Si cerca anche di ripristinare una certa gradualità di pensione di vecchiaia alle donne che rischia di stabilizzarsi sui 70 anni e 3 mesi previsti dalla Legge Fornero. Un altro importante punto è il riconoscimento delle maternità, punto cruciale di differenza tra uomini e donne. Un'altra proposta, la 530, mira ad inserire periodi di contribuzione figurativa per le donne che hanno avuto uno o più figli. La proposta testualmente cerca di far inserire nella riforma definitiva 3 anni di contributi figurativi da concedere alle lavoratrici madri per ogni figlio.

Si raddoppiano gli anni di contributi concessi se il figlio è disabile. Come si vede la materia è vasta, i punti sono molteplici, si tratta di trovare una line giusta e di presentare al Parlamento una valida proposta che deve superare anche lo step dei conti pubblici, cioè deve essere fattibile anche dal punto di vista finanziario.