Se fino a poche settimane fa attorno al capitolo previdenziale della Legge di Stabilità c’erano dubbi e perplessità, nonché tanta attesa per le proposte che arrivavano a correzione di tutti i punti, oggi non è più così. La Legge di Bilancio ha terminato il suo lungo iter di approvazione ed è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 dicembre. Dal 1° gennaio entrerà in vigore anche se dal punto di vista previdenziale, misure come l’APE partiranno dal 1° maggio. Ecco alcuni chiarimenti per quanto riguarda l’APE, l’anticipo pensionistico prestato dalle banche.

L’APE nelle sue varie versioni

L’APE nasce come anticipo della pensione di vecchiaia a partire dai 63 anni. Il lavoratore che si trova ad aver raggiunto quella età e contemporaneamente anche 20 anni di contributi versati potrà lasciare il lavoro a sua scelta. Si tratta dell’APE volontaria, chiamata così perché opzionale in tutto per tutto, perché il lavoratore potrà scegliere anche di uscire ad una età diversa, compresa tra i 63 ed i 66 e 7 mesi che è il limite valevole oggi per raggiungere la pensione di vecchiaia. La pensione viene erogata sotto forma di prestito bancario per tutta la durata dell’anticipo, consta di 12 mensilità, non si adegua alla perequazione annuale e non è reversibile. La banca presta i soldi che tramite l’INPS arrivano in anticipo nelle tasche dei pensionati, che poi dovranno iniziare a restituire tutto, quando percepiranno la vera pensione di vecchiaia.

La restituzione del prestito sarà rateale, mese per mese e per 20 anni ed oltretutto, sarà sempre l’INPS a prelevare l’importo della rata da restituire alla banca, compresi interessi e spese assicurative. Nella versione agevolata, l’APE definita social, la rata da restituire sarà a carico dello Stato perché il lavoratore, grazie a delle detrazioni fiscali appositamente create, non subirà alcun taglio di pensione futura.

Le categorie a cui è destinata l’APE agevolata sono quelle disagiate. Disoccupati involontari che da tre mesi hanno finito di percepire gli ammortizzatori sociali, invalidi o con invalidi a carico, entrambi con almeno il 74% di invalidità accertata, ma con 30 anni di contributi.

Quali contributi valgono?

Per l’APE social quindi servono 30 anni di contributi e non venti.

A dire il vero, esiste un’altra categoria di lavoratori a cui viene concessa l’APE social. Si tratta delle 11 categorie di lavoratori gravosi, cioè impegnati in attività logoranti. Le attività considerate tali sono maestre d’asilo, facchini, edili, gruisti, operatori sociali per persone non autosufficienti, camionisti, macchinisti di treni, addetti alle pulizie, infermieri delle sale operatorie, conciatori di pelli e operatori ecologici. A loro serviranno addirittura 36 anni di contributi versati. Sulla questione contributiva poi, i vincoli aumentano perché non tutti i contributi posseduti saranno utili ai requisiti per qualsiasi tipo di APE in cui si rientra. I contributi utili ai 30 e 36 anni di contributi necessari per accedere all’APE sociale sono solo quelli di lavoro effettivo.

Non valgono i contributi figurativi fuori dal rapporto di lavoro. In pratica, niente da fare per i periodi di maternità esterni al rapporto da dipendenti, quelli per il servizio militare o quelli da riscatto. Inoltre, nessuna possibilità di utilizzare il cumulo gratuito per quelli che hanno carriere discontinue. Il cumulo gratuito è un’altra novità previdenziale della nuova manovra finanziaria, che consente di raggruppare tutti i contributi utili a raggiungere la soglia per la pensione secondo le regole Fornero, nella cassa previdenziale che poi deve erogare la pensione. Il cumulo gratuito che cancella l’obbrobrio della ricongiunzione onerosa proveniente dal Governo Berlusconi e che potrà essere utilizzata solo per la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi o per i 20 necessari per la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi, cioè con le norme della riforma Fornero.