L'aspettativa di vita potrebbe condizionare l'accesso all'anticipo pensionistico (APE), visto che i prossimi aggiustamenti dovranno scattare nel 2019. Si tratta di uno dei dubbi che attanagliano le proiezioni sulle possibili uscite per i lavoratori che matureranno il diritto alla quiescenza entro i tre anni di sperimentazione, stante che un'eventuale aggiornamento rischierebbe di far diventare disomogeneo il parametro anagrafico di accesso alla misura. L'APE è stata infatti costruita per consentire la flessibilità rispetto al raggiungimento dei requisiti di quiescenza secondo la c.d.
pensione di vecchiaia, garantendo uno scivolo massimo che dai 63 anni di età corrisponde a 3 anni e 7 mesi. Al momento, tutti i conteggi rispetto alla misura restano strettamente legati alle prospettive demografiche elaborate dall'Istat nel 2011, ma bisogna tenere presente che anche nel caso di scenari considerabili come favorevoli ai lavoratori sarà necessario tenere conto dello scalino a 67 anni di età previsto per la pensione di vecchiaia a partire dal 2021 (così come deciso in precedenza dal legislatore). Insomma, la situazione appare tutt'altro che lineare nel medio termine, stante la scadenza della sperimentazione.
Riforma pensioni: nella FASE 2 prosegue la discussione sulla flessibilità in uscita
Stante la situazione appena descritta, è chiaro che la dialettica sulla flessibilità previdenziale non è destinata ad esaurirsi nel breve termine. Sono infatti molte le rivendicazioni di sindacati e lavoratori che non potranno trovare accoglimento all'interno dei prossimi decreti attuativi e che dovranno perciò essere indirizzati verso la nuova legge di bilancio.
Tra i temi rimasti irrisolti nella Fase 1 figurano infatti le persone che hanno svolto lavori gravosi, usuranti o pesanti e che sono destinate a restare comunque escluse dal perimetro delle tutele previste dalla LdB2017. Vi è poi la necessità di prevedere maggiore flessibilità anche per chi è inserito all'interno del sistema contributivo puro, soggetti che rischiano di entrare in quiescenza in età molto avanzata per i limiti imposti sugli importi minimi degli assegni, mentre per gli stessi lavoratori è allo studio una pensione di garanzia destinata a mitigare gli effetti del calcolo basato sui coefficienti di conversione del montante accumulato.
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