Dopo la recente approvazione della nota di aggiornamento al DEF da parte della Commissione lavoro della Camera abbiamo deciso di approfondire la questione facendo il punto della situazione assieme all'On. Anna Giacobbe.

Pensioni, NaDEF e LdB 2018: intervista all'On. Anna Giacobbe (PD)

Partiamo proprio dai pareri espressi dalla Commissione in merito alla nota di aggiornamento del DEF. Qual è la sua opinione generale al riguardo?

Sarà una strada in salita: non è presente a tutti la necessità di intervenire ancora per anticipare l’uscita verso la pensione, per alcune categorie in particolare.

E invece serve, per due ragioni: ci sono ingiustizie da sanare; i giovani inizieranno a lavorare anche se si ripristinerà il turnover, sia nel privato che nelle amministrazioni pubbliche. Tutto questo a maggior ragione, per il fatto che il ciclo economico è in una fase più positiva che nel passato. La Commissione Lavoro ha ben presenti questi problemi ed ha indicato, nel parere sulla Nota di variazione del DEF, le linee su cui agire: con prudenza e gradualità, come è giusto fare. Scelta urgente è non applicare in modo burocratico l’aumento dei requisiti previdenziali per la crescita dell’aspettativa di vita: non aumenta in modo lineare, quella aspettativa di vita, e non vale per tutti, a prescindere dal lavoro che si fa.

Per quanto concerne invece le donne, è stato inserito un nuovo richiamo ai lavori di cura e all’indagine conoscitiva svolta dalla XI Commissione: con quali prospettive di intervento? Esiste la possibilità di arrivare ad un’APE donna?

Le donne hanno subito più di altri l’innalzamento repentino e senza gradualità dei requisiti per andare in pensione: le differenze di opportunità e di reddito tra donne e uomini rimangono presenti, nonostante i passi avanti compiuti e gli sforzi per superare discriminazioni e una distribuzione diseguale delle responsabilità di cura nelle famiglie.

E quindi è necessario tornare a riconoscere alle donne il lavoro di cura e lo svantaggio nella crescita professionale e nella stabilità del lavoro, anche sul piano previdenziale.

Sull’APE e la Quota 41 dei lavoratori precoci arriva invece la proposta di istituire un nuovo monitoraggio: con quale scopo?

Innanzitutto per introdurre correttivi alla normativa vigente, per consentire a tutti coloro che sono in possesso dei requisiti previsti di accedere ai medesimi benefici.

In generale, non possiamo pensare di perdere risorse già messe a disposizione per sostenere categorie svantaggiate o chi ha iniziato a lavorare molto presto.

Infine, resta la questione dei lavoratori esodati e delle risorse giacenti: qualora fosse confermata la presenza di consistenti economie, quali saranno i possibili interventi legislativi in materia?

C’è ancora una parte di esodati che non possono accedere alle salvaguardie, per i “paletti” contenuti nelle norme: se ci sono ancora risorse disponibili, quei “paletti” non hanno ragione di essere. Per la maggior parte degli interessati il problema è stato risolto, e questo è un bel risultato, io non lo dimentico mai: si tratta di persone che hanno potuto andare in pensione e uscire da una condizione di difficoltà, di disoccupazione.

Ma è stata una “lunga traversata”.

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