Corre l'anno 1987, è estate, con due milioni di franchi svizzeri, l'allora Cav. Silvio Berlusconi, presidente del Milan, acquista un goleador, uno dei più forti calciatori della storia del calcio: Marco Van Basten. Sette anni dopo c'è la discesa in campo e da allora Berlusconi, che ha sempre avuto fiuto per i bomber di razza, si lancia nel "calciomercato" della politica per scovare e plasmare "bomber politici". La regola però è sempre stata una: la leadership al centro dell'attacco del centrodestra è di Silvio. Invero in un periodo in cui la politica è degenerata a piazzare lo spot che fa più presa sul pubblico televisivo, nessuno è stato mai in grado di competere nel contendergli tale leadership in netto fisiologico svantaggio rispetto a "il miglior piazzista del mondo" (cit.

di Montanelli).

Dopo che Mani Pulite azzoppa uno dei più grandi bomber della politica italiana, Bettino Craxi, nonché l'uomo a cui Silvio deve le fortune del suo impero televisivo, diventa necessario trovarne un altro.

I retroscenisti politici affermano di trattative febbrili con un bomber attempato e sul viale del tramonto, Mino Martinazzoli e con uno, allora lanciatissimo grazie ai referendum, Mariotto Segni ma nessuno soddisfa Silvio che quindi decide di scendere in campo. Abituato già al Milan a fare anche l'allenatore e decidere gli schemi, ne adotta uno molto fantasioso: Bossi al Nord, al Sud Fini ed i figli della Balena Bianca, Casini, Mastella e Buttiglione.

L'Umberto con quella canotta, sembrava uno stopper vecchio stampo, tutto sudore e calci negli stinchi ma, per fiuto politico è stato un autentico numero dieci, un Savicevic tutto genio e sregolatezza.

Fini, invece, così alto ed elegante, sembrava un bomber come il cigno di Utrecht salvo rivelarsi un Balotelli qualsiasi. Dei tre provenienti dalla "cantera" della Balena Bianca l'unico con le stimmate da bomber era Casini uno di quegli attaccanti belli a vedersi ma un po' fighetta, quelli che quando l'area diventa un'arena tirano dietro la gamba per preservarsi un'onesta e duratura carriera.

In verità, fintanto che Silvio è stato in forma non c'è stata difesa in grado di fermarlo e sovente ha vinto le partite da solo.

Ha poi provato a costruirsi un bomber in casa con Alfano, un bomber senza quid, buono per non retrocedere. Non a caso, sta provando in tutti modi a fare in modo che la prossima soglia di sbarramento elettorale sia la più bassa possibile per salvare la categoria.

Quindi Toti, uno senza il fisico del bomber che non buca le difese e nemmeno lo schermo. Esperimento fallito; si sa quanto conti per Silvio la capacità di bucare lo schermo. Ed infatti si innamora perdutamente di un bomber di razza, Matteo Renzi, molto simile a lui. Un bomber alla Inzaghi, svelto di gambe e pensiero, pronto a tutto per il gol, mortifero e velenoso; chiedere a #staiserenoEnricoLetta. Peccato che il buon Matteo sia il capitano della squadra avversaria.

E allora prova ad "ingaggiare" un altro Matteo. Salvini diventa "il goleador" ed "io - dice Berlusconi - che non ho più ambizioni politiche, potrei fare da regista". Promette bene anche questo Matteo la cui cavalcata politica ricorda l'incredibile coast to coast di Giorgione Weah contro il Verona nel settembre '96.

In un tempo non lontano, "sinistrorso" e tra i più convinti secessionisti frequentatori di Pontida ora si professa difensore anche di "Napoli colera" e mira a diventare il campione della destra. E soprattutto, secondo Silvio, è l'unico al momento in grado di sostituirlo: sic transit gloria mundi!