In seguito al recente attentato di Giacartamolti giornali hanno usato la parola “emulazione” nel sottolineare le analogie con gli attentati di Parigi dello scorso novembre. In entrambi i casi lo stato islamico ha rivendicato la paternità degli attacchi, ma se non fosse solo emulazione? Se la mente dietro i due attacchi fosse la stessa?

Potrebbe significare che il presunto leader della cellula responsabile degli attacchi di Parigi forse è ancora in libertà, e gli elementi comuni non siano un segno di emulazione, quanto una firma ben precisa. Partendo da questa ipotesi, e supponendo l'esistenza di un misterioso stratega responsabile della pianificazione degli attacchi, l'immagine del museo del Bardo a Tunisi e gli attacchi che l'hanno investito lo scorso anno ha assunto un ruolo diverso.

Le analogie tattiche e simboliche dei tre attacchi sono numerose e gli obbiettivi simili

In tutti e tre i casi abbiamo una vicinanza con i luoghi del potere, nazionale o internazionale: a Tunisi l'assemblea dei rappresentanti del popolo, poi il museo del Bardo, provocando una ferita insanabile nell'economia del paese allontanando il mercato turistico e le società di navigazione che con le loro navi da crociera operavano nel Paese: a Parigi ad essere colpito è lo stadio dove in quel momento era presente il presidente della repubblica francese, poi una serie di locali, che nel periodo immediatamente precedente le feste natalizie, hanno prodotto una ferita nell'economia, allontanando un gran numero di turisti dalla capitale europea, ed in fine Giacarta, con una serie di esplosioni nei pressi di luoghi d'attrazione e simboli del potere internazionale, oltre l'esplosione non lontano da una Starbucks, che ha provocato la chiusura fino a nuovo ordine dei locali della catena.

Tre attacchi apparentemente diversi, ma collegati tra loro da un sottile filo rosso che mostra la vicinanza nelle intenzioni e negli effetti.Partendo da questa osservazione e guardando a ritroso l'operato dei militanti impegnati durante i vari attacchi, le analogie iniziano ad aumentare dipingendo un quadro agghiacciante e terrificante.

In tutti e tre i casi gli attacchi sono stati programmati in maniera militare, ma condotti, soprattutto nel caso tunisino, da uomini che non avevano subito un addestramento militare, totalmente impreparati a qualsiasi cambio di programma. Questo deficit degli attacchi tunisini è stato corretto nei mesi successivi, e nei più recenti attacchi di Parigi e Giacarta, il livello di preparazione dei miliziani era sicuramente più elevato, anche se il loro addestramento decisamente non era di tipo militare.

Sul piano tattico le analogie diventano più numerose e significative, tutti gli attacchi hanno avuto inizio in un luogo per poi dirigersi in altre aree, colpendo simultaneamente più punti della città, per culminare con uno scontro diretto con le forze di polizia. Nel caso di Tunisi questa evoluzione sembra dettata dal caso più che da una pianificazione concreta, ma potrebbe essere l'evento ispiratore per la pianificazione di attacchi successivi.

Il passato coloniale della Tunisia lega gli attentati di Tunisi alla Francia, le indagini legano gli attentati di Parigi all'Olanda, ed il passato coloniale dell'Indonesia lega i più recenti attentati di Giacarta all'Olanda, luogo dove si ipotizza risiedere la mente degli attentati di Parigi dello scorso novembre e che, alla luce di questi fili sottili, potrebbe essere lo stesso uomo che restando nell'ombra, ha progettato e pianificato almeno due attacchi, forse tre, e potrebbe colpire ancora.