La Costituzione è la carta fondamentale di ogni paese civile e democratico del mondo. Non è immutabile, ma è giusto ponderare bene ogni proposta di modifica prima di approvarla perché potrebbe incidere negativamente anche per decenni. Proprio per questo, dopo aver valutato attentamente le correzioni che si intendono apportare, ho deciso che voterò No al referendum costituzionale.
Le modifiche proposte non migliorano la nostra Costituzione
Le modifiche sostenute in prima persona dal capo del governo, Matteo Renzi, non mi sembrano affatto migliorative della Costituzione italiana, ma al contrario rappresentano un elemento capace di produrre una gran confusione.
In via preliminare, comunque, mi sembra corretto sottolineare come questa riforma sia stata elaborata da un parlamento eletto con una legge elettorale, la famosa “porcata”, dichiarata illegittima. Già questo fatto è fonte, almeno per me, di grossi dubbi sulla validità stessa della proposta di modifica costituzionale approvata dai parlamentari eletti con una legge elettorale non legittima. Premesso questo, credo che le motivazioni del mio No siano da ricercare soprattutto nel merito della proposta.
A farne le spese la capacità di partecipazione diretta del popolo
Non mi piace il passaggio dal bicameralismo perfetto ad uno“imperfetto”, di secondo livello, dal quale è escluso il popolo. Mi spiego meglio.
Il Senato non scompare, ma sarà composto da 100 membri di cui 95 in rappresentanza degli enti territoriali, non del territorio, quali sono le Regioni e Comuni e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Insomma, i senatori non verranno più eletti direttamente dal popolo ma nominati. Molto confuse anche le reali competenze del nuovo Senato.
Non solo, il Senato, seppur ridimensionato, avrà quasi sempre la facoltà o l’obbligo, nella caos di competenze, di esaminare i progetti di legge con buona pace di chi sostiene che questa riforma porterebbe anche ad un’accelerazione dell’iter di approvazione delle nuove norme. Inoltre, se dovesse passare questa riforma, le firme necessarie per presentare un disegno di legge di iniziativa popolare salirebbero dalle attuali 50.000 a ben 150.000.
Ancora una volta, dopo un Senato non più eletto ma nominato, a farne le spese sarebbe solo la capacità di partecipazione diretta del popolo alla vita democratica. In sostanza, un riforma che sembra voler limitare la possibilità d’azione del popolo sovrano. Ecco perché io ho deciso di votare No.