Il 25 agosto del 2016 veniva firmato il decreto del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, (in carica nel Governo Renzi dal 22 febbraio 2014), che tentava di mettere ordine nel sistema dirigenziale delle P.A. e prevedeva nella riforma, la possibilità che questi potessero ricoprire qualsiasi ruolo a prescindere dall'incarico di provenienza. L'ammissibilità alla dirigenza di un ente pubblico per la durata di quattro anni, veniva permessa superando un 'corso-concorso' in cui erano previsti soltanto i vincitori, ma esclusi gli idonei nella graduatoria finale.

Il decreto, passando successivamente alla Camera, sarebbe dovuto diventare attutivo il 27 novembre ma la Corte costituzionale lo ha rigettato per illegittimità.

Il decreto Madia e il no della Consulta

La motivazione portata dalla Consulta, dove viene bocciata la riforma del ministro Madia, è dovuta a incostituzionalità in quanto danneggerebbe l'autonomia amministrativa di ogni singola Regione. Il parere espresso dalla Corte costituzionale è emesso dalla sentenza numero 251 che dice:

- La legge delega (124 del 2015) del ministro Madia, viola la Costituzione dove prevede la riforma dell'assetto pubblico, per "previo parere e non per previa intesa" con le Regioni.

- Così esposta, la bocciatura cade come una doccia fredda sul governo, ad appena un giorno dall'approvazione finale dei decreti riforma, del ministro senza portafoglio Marianna Madia.

Perde Renzi, vincitori Brunetta e Zaia

Così decade per incostituzionalità la riforma "mamma", con al suo interno i decreti "figli" seguenti: servizi pubblici locali, dirigenza, partecipate e pubblico impiego. Il ricorso alla Corte costituzionale fu espresso dal leghista Luca Zaia, governatore della Regione Veneto, che saputa la notizia ha esultato dichiarando il comunicato, una "sentenza storica".

Insieme a lui, vede la sconfitta di Matteo Renzi il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Difficilmente il Governo riuscirà a correggere la legge delega, in quanto mancano pochi giorni al referendum costituzionale e le materie concorrenti sono davvero infinite. Quello che ci si auspica, è che la bocciatura del decreto non comprometta il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, che doveva discutersi nella convocazione sindacale della CGIL, CISL e UIL, il 30 novembre alle 11 presso Palazzo Vidoni.