Il gruppo di ricerca del neuroscienziato italiano Fabrizio Benedetti, dell'Università di Torino, ha scoperto che è possibile condizionarei neuroni dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson in modo tale che rispondano alla terapia con placebo invece che al farmaco vero e proprio. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Physiology, una delle più prestigiose riviste internazionali di fisiologia e medicina.

L'effetto placebo nel Parkinson

Il termine placebo deriva dal latino "io piacerò" e indica una sostanza farmacologicamente inerte. Un esempio di placebo è la soluzione fisiologica,la quale è composta daacqua e sale ed è naturalmentepriva di principi attivi.

La somministrazione del placebo venneintrodotta diversi anni fa, negli studi farmacologici controllati, per verificare l'efficacia di nuovi farmaci e trattamenti. Infatti, si sa da tempo che, a fronte della somministrazione di una terapia, le aspettative del malato, le parole del medico e il contesto in cui avviene la cura possonoportare a un livello di suggestione tale da far passare i sintomi e i segni della malattia senza che la terapia abbia una reale attività biologica. Questo effetto, mediato dalla mente del paziente, prende il nome di effetto placebo ed è particolarmente pronunciato in alcune malattie neurologiche, come il morbo di Parkinson.

I neuroni del talamo che rispondono al placebo

"Nel 2004, io e i miei collaboratori abbiamo pubblicato uno studio su Nature Neuroscience" afferma nell'introduzione il prof. Benedetti "in cui dimostravamo che, neipazienti affetti dal morbo di Parkinson, alcuni neuroni deltalamo, unaregione profonda del cervello,rispondono alla somministrazione di un placebo modificando il livello della loro attività elettrica.

Il risultato netto è un aumento didopamina, il neurotrasmettitore che è carente nel cervello del malato di Parkinson, e un miglioramento dei sintomi neurologici".Dallo studio emergeva anche che soltanto alcuni neuroni del talamo rispondono alla somministrazione di placebo, mentre altri sono refrattari. "Nel nuovo studio" spiega il prof.

Benedetti "abbiamo registrato l'attività elettrica dallo stesso tipo di neuroni e abbiamo osservato che alternando un farmaco vero e proprioal placebo si può insegnare ai neuroni refrattari a rispondere al placebo e, dunque, potenziare l'effetto del farmaco a parità di dose". Lo studio è importante non soltanto perché svela ulteriormente i meccanismi alla base dell'effetto placebo, ma perché potrebbe portare a nuovi protocolli terapeutici in cui si riduce la dose dei farmaci pur mantenendo inalterati gli effetti clinici.