La scienza e la medicina negli ultimi anni hanno fatto numerosi passi in avanti in merito alla celiachia. Se da un lato si sviluppano nuove terapie e metodi per consentire ai soggetti celiaci di ingerire cibi contenti glutine come la pillola (ancora in fase di sperimentazione), dall'altro si ricercano le cause della malattia celiaca. L'ultima scoperta arriva da Londra dove un gruppo di esperti ha scoperto l'interruttore molecolare che causa le malattie infiammatorie intestinali quali la celiachia, il morbo di Crhon e la retticolite ulcerosa.
La scoperta
La scoperta arriva dalle ricerche condotte da un team di scienziati del King's College di Londra (ULC) che hanno pubblicato lo studio sulla rivista PLOS Genetics. Il colpevole è una molecola del sistema immunitario chiamata T-bet che regola le risposte immunitarie e determina la produzione di cellule che agiscono in difesa dell'organismo. I ricercatori hanno scoperto che i pazienti affetti da malattie infiammatorie della mucosa intestinale – morbo di Crhon, colite ulcerosa e celiachia – presentano una mutazione genetica di una singola lettera del Dna responsabile di un difetto nel modo in cui la proteina si lega alle cellule T del sistema immunitario. Ne consegue che le variazioni specifiche di una proteina fanno sì che i soggetti portatori siano più esposti alle malattie infiammatorie croniche intestinali e quindi alla celiachia.
La stessa anomalia non è stata riscontrata in altre malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide o la psoriasi e questo suggerisce che tale anomalia potrebbe interessare esclusivamente le malattie intestinali.
Le conseguenze dello studio
A esperimenti conclusi, se venisse confermato il ruolo della proteina T-bet nello sviluppo delle malattie autoimmuni intestinali, i ricercatori avrebbero un obiettivo specifico sul quale concentrarsi per elaborare trattamenti e terapie risolutori.
è quanto ha sottolineato Graham Lord , uno degli studiosi: “Capire come il nostro DNA influenza il nostro rischio di sviluppare malattie specifiche è la chiave per lo sviluppo di terapie di precisione per le più gravi malattie". E ha aggiunto che "c'è ancora molto lavoro da fare prima di arrivare a nuovi trattamenti, ma questa scoperta è un significativo passo avanti”.