Alle spalle di Kareem Abdul-Jabbar, che con 38.387 punti è il primo realizzatore nella storia della NBA e di Karl Anthony Malone, con 36.928 punti il secondo di sempre. Al terzo posto dopo Minnesota-Lakers giocata ieri, è ora salito Kobe Bryant che completa la sua rincorsa e scavalca relegandolo al quarto posto il mito a cui lo stesso Black Mamba si è ispirato, ovvero quello che è considerato il migliore cestista di tutti i tempi: Michael Jordan, che si era fermato a 32.292 punti.
Il sorpasso di Kobe Bryant nella terza vittoria consecutiva dei Los Angeles Lakers che hanno battuto i Minnesota Timberwolves 100-94, con 26 punti realizzati dal cestista di Filadelfia.
Il sorpasso dalla lunetta a 5 minuti e 24 secondi dallo scadere del primo tempo: al primo tiro l'aggancio a Michael Jordan. Preciso e morbido il secondo tiro vola leggero e centra il canestro storico: il sorpasso è servito, a Minneapolis è stata scritta la storia. Il numero 24 gialloviola, leggenda NBA, è acclamato dal pubblico e abbracciato da compagni e avversari, ma la partita non è finita e come se nulla fosse il Black Mamba si è rimesso subito a macinare gioco e punti.
Per l'emozione e i ringraziamenti aspetta la fine della partita dopo aver centrato 26 punti totali e 32.310 punti complessivi che valgono il terzo posto nella storia dei realizzatori NBA di sempre. Kobe Bryant ha cominciato a giocare a Basket da piccolissimo in Italia, dove il padre, Joe, ha militato dal 1984 al 1991.
In NBA Kobe esordisce a 18 anni. Milita nei Los Angeles Lakers, squadra con cui ha conquistato cinque titoli NBA. Con la nazionale statunitense è stato medaglio d'oro ai FIBA Americas Championship 2007, ai Giochi olimpici di Pechino 2008 e a quelli di Londra 2012. Il suo ruolo naturale è quello di guardia tiratrice, ma spesso è stato impiegato nei ruoli di playmaker e ala piccola.
Un ultima riflessione sul mito Michael Jordan, e una domanda spontanea: perché quello che è considerato il numero uno di sempre non è anche il miglior realizzatore di sempre? Risposta semplice: perché ha giocato meno partite.