Federico Butteroni è un giocatore di poker che si è qualificato per il November Nine delle World Series of Poker a Las Vegas, il più importante torneo mondiale con un primo premio stellare di 8 milioni di dollari (ma un milione è già nelle sue tasche). Solo un italiano prima di lui: era il 2010 e Filippo Candio conquistava un quarto posto per 3 milioni. Ho contattato Federico a poche settimane dall'evento.

November nine: intervista a Federico Butteroni

Il Main Event WSOP: sette giorni di gioco e migliaia di avversari. Come l'hai vissuto?

"L'emozione più grande è stata riuscire iscrivermi, il Main Event è il sogno di ogni giocatore che inizia.

Non ero a Las Vegas con questa idea, poi i buoni risultati in tornei minori mi hanno consentito di investire i soldi necessari all'iscrizione. E sono stato ripagato. Questo torneo per lunghezza si può paragonare a una maratona. Come la maratona, è una metafora della vita: bisogna crederci senza mollare, nei momenti buoni e in quelli inevitabilmente negativi. A volte si gioca meglio degli altri ma non si viene ricompensati e allora è importante rimanere concentrati e continuare a lottare."

Il momento più importante del torneo?

"Al Day 6, con la tensione alle stelle: poche posizioni potevano spostare 50000 $ e giocare il proprio miglior poker diventa difficile. Per la prima volta dal Day 1 mi sono trovato a giocarmi tutto partendo in svantaggio.

La mia coppia di sei si è trasformata in un poker al flop e ha battuto la coppia di dieci dell'avversario. Le possibilità di fare poker sono davvero basse e quello era il torneo della vita: non sono riuscito a trattenermi e sono esploso di gioia."

Come ti sei preparato al torneo?

"Non c'è stata una preparazione specifica, è stato premiato il mio percorso come giocatore di poker, ma anche il mio percorso di vita.

Gioco a poker da quando avevo 18 anni e devo tanto a questo gioco. Ma per un periodo ho deciso di mollare tutto, ho provato ad avere una vita normale, sono stato a lavorare in Australia per un anno e poi ho viaggiato in Giappone da solo. Esperienze che mi hanno fatto crescere e mi hanno aiutato a ritrovare l'equilibrio. Possono fare la differenza in un torneo come il Main Event aiutando a mantenere concentrazione e tranquillità."

E per quanto riguarda il final table?

Quanto conta l'aspetto psicologico al November Nine?

"Nel breve periodo la fortuna conta tantissimo ovviamente. L'aspetto psicologico conterà almeno al 50%: la pressione mediatica delle telecamere e l'entità delle cifre in ballo rendono tutto molto difficile. Ho visto giocatori tecnicamente fortissimi essere eliminati perché avevano perso il controllo delle loro emozioni."

Potresti favorire il rilancio di un mercato in crisi in Italia come quello del poker. Pensi di poter essere un nuovo Dario Minieri?

“Dario è stato importante per questo gioco. Ne ho seguito le gesta e ho stima di quello che ha fatto. Ma Federico Butteroni vuole essere solo Federico Butteroni. Spero di aiutare a superare i pregiudizi legati a questo gioco.

E magari a far sì che qualche ragazzo trovi la voglia di avvicinarsi ancora al Texas Holdem."

Se il poker è in crisi, lo stesso non si può dire del gioco d'azzardo. Se dovessi spiegare a un giovane perché scegliere il poker invece di un gratta e vinci?

“Innanzitutto a livello economico: nel poker quello che ritorna ai giocatori è molto di più di quello che torna nel gratta e vinci, le tasse e le spese sono più basse. Poi a livello umano il gratta e vinci non richiede nessuna abilità ed è più facile cadere nel circolo vizioso del gioco patologico. Anche il poker può essere pericoloso, ma se viene affrontato con il giusto approccio mentale può anche aiutare a migliorarsi, a imparare la matematica, a viaggiare.

A un ragazzo direi di studiare tanto, leggere libri e confrontarsi con tutti, senza bruciare le tappe. Il poker è un gioco facile da imparare ma per dominarlo serve una vita. Forse in Italia si preferiscono le vie in apparenza più semplici."