Alzi la mano chi non ha mai pensato che non vale la pena lesinare sulle spese per l'abbigliamento dei nostri bambini pur di essere certi di mettere sulla loro pelle un prodotto sicuro.

Se questo può essere vero per quanto riguarda lo stile e la qualità della confezione, non altrettanto si può dire per la sicurezza dei materiali utilizzati.

E' di questi giorni, infatti, la pubblicazione dell'ultimo rapporto dell'associazione ambientalista Greenpeace, da tempo attiva nel campo dell'utilizzo di sostanze chimiche dannose sui capi di abbigliamento, che "rivela la presenza di sostanze chimiche pericolose nei vestiti per bambini di otto marchi dell'alta Moda, tra cui Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana".

Il rapporto in questione si fonda sui test effettuati su 27 prodotti di otto case d'Alta moda di cui 16 (8 dei quali Made in Italy) sono risultati positivi per una o più delle seguenti sostanze chimiche: nonilfenolietossilati (NPEs), ftalati, composti perflorurati e polifluorurati e antimonio. La più alta concentrazione di nonilfenoli è stata rilevata in una delle ballerine Louis Vuitton prodotte in Italia e vendute in Svizzera, mentre la concentrazione più elevata di PFCs in una giacca di Versace".

Queste sostanze, sono le stesse impiegate per i beni di largo consumo, tanto da far dubitare che i capi etichettati "Made in Italy" siano effettivamente prodotti interamente in Italia.

La difesa di Vuitton

In merito ai risultati pubblicati, la Luis Vuitton ha diffuso un comunicato nel quale, condividendo le preoccupazioni di Greenpeace, dichiara che le loro calzature cono prodotte in Italia e che "la sicurezza dei nostri clienti e la protezione dell'Ambiente sono questioni che consideriamo molto seriamente e che da sempre sono prioritarie per Louis Vuitton" che, peraltro, "non ha una linea di abbigliamento per bambini e solo occasionalmente, in passato, sono state messe in vendita "sneakers per bambini.

L'ultima volta nella stagione autunno-inverno 2013, e queste scarpe non sono più prodotte nè vendute in alcuno dei nostri negozi".

La protesta a Milano

La settimana della Moda, in corso a Milano, è stata occasione, così come già accaduto la settimana scorsa a Londra, per dare visibilità alla iniziativa di Greenpeace i cui attivisti si sono arrampicati sul soffito della Galleria per srotolare uno striscione di 100 metri su cui era riprodotta l'immagine delle campagna "The king is nacked", ovvero il Re è nudo.

Il progetto Detox

La campagna si inserisce nell'ambito del progetto Detox, lanciato lo scorso anno contro l'uso da parte del mondo dell'alta moda, di sostanza tossiche che inquinano il pianeta. Alcune di queste sostanze, oltre che ad essere dannose a contatto con le pelle, "quando vengono rilasciate nei corsi d'acqua durante il ciclo di produzione", rileva Greenpeace, "oppure dagli stessi vestiti durante il lavaggio, hanno la proprietà di accumularsi negli organismi viventi e di interferire con il sistema endocrino".

Finora sono una ventina le aziende (Nike, Adidas Puma, H&M, M&S, C&A, Li-Ning, Zara, Mango, Esprit, Levi's, Uniqlo, Benetton, Victoria's Secret, G-Star Raw, Valentino, Coop, Canepa, Burberry e Primark) che hanno sottoscritto l'impegno Detox, con l'obiettivo di assicurare la trasparenza della filiera, richiedendo ai propri fornitori di pubblicare i dati sugli scarichi delle sostanze chimiche pericolose e di azzerare questi scarichi entro il 2020.

Nel frattempo, non rimane che fare attenzione ai tessuti che mettiamo sulla pelle nostra e dei nostri bambini.