La stagione dello sci, ormai in pieno svolgimento, è iniziata da qualche settimana ma ancora non si sono registrate nevicate importanti. Soprattutto manca la neve nel nord-est italiano dove, come è noto, si trovano importanti comprensori che rendono la zona una vera e propria culla dello dello sci alpino. La situazione migliora guardando a nord-ovest: sulle montagne olimpiche, nel cuneese e in Val d'Aosta una recente perturbazione ha portato i primi centimetri di neve naturale. Le società degli impianti di queste località sciistiche hanno così tirato qualche sospiro di sollievo.
Ma quando non sono arrivati i fiocchi dal cielo, quanto è costato aprire forzatamente le piste con la neve artificiale e quale impatto ha avuto l’operazione sull'ambiente alpino?
La soluzione alla carenza di fiocchi naturali
Con il surriscaldamento globale le temperature tendono ad un inesorabile innalzamento. Ciò comporta che, se anni fa la neve abbondava anche nelle località sciistiche a bassa quota, ora le nevicate più importanti dell'inverno vengono contate e segnate sul calendario. Ma se la natura non aiuta, “l'industria della montagna” deve in ogni caso produrre fatturati e ricoprire gli investimenti fatti. La tecnologia moderna permette di riprodurre la neve sulle piste con appositi cannoni sparaneve artificiale, ma a quale costo (non solo in termini economici)?
135 mila euro per 1 ettaro di pista innevata
Il WWF ha cercato di stimare i costi dell'innevamento artificiale delle piste da sci. Secondo i dati emersi, vengono annualmente consumati 95 milioni di metri cubi d'acqua e circa 600 gigawattora per un costo per ettaro di pista innevata artificialmente di 135 mila euro. La neve artificiale, oltre che un elevato costo in termini di spesa e di consumo di acqua e energia, ha anche un impatto critico sulla vegetazione e sulla fauna.
Avendo un peso specifico maggiore rispetto a quella naturale, provoca una sorta di asfissia del manto vegetale del suolo portandolo a marcire. I tecnici del WWF hanno infatti rilevato come ci sia un ritardo di 20, 25 giorni nella ripresa dell'attività della vegetazione dopo lo scioglimento delle nevi. Inoltre, la realizzazione di un bacino di raccolta acqua in zona alpina, in un territorio non servito da strade di accesso, costa circa 3 milioni di euro.
E la spesa cresce ulteriormente quando si aggiungono i costi dell’energia e l’impatto sul territorio. Questo uso massiccio di neve artificiale potrà essere ancora considerato una risorsa per l’industria del turismo in montagna?