Mentre un tempo non troppo lontano si chiedeva alla propria nonna di riparare il buco della camicetta, di accorciare i pantaloni o di stringere i fianchi di una giacca, oggi si è passati alla via più rapida ed indolore: non indossare più quell'indumento e comprarne uno nuovo, gettando il vecchio nell'armadio. In tal modo, nel giro di pochi mesi, si accumula una vera e propria "torre di babele" di Vestiti, che nulla hanno di strano, se non qualche piccola imperfezione che, per pigrizia, ci rifiutiamo di far riparare.

A causa di questa pessima abitudine il settore del tessile ha scalato, di anno in anno, la classifica delle industrie più inquinanti al mondo, arrivando in seconda posizione, alle spalle di quella petrolifera.

La crescente moda dell'abito a basso prezzo, che deve essere cambiato ad ogni stagione, sta facendo sì che molte persone stiano perdendo il controllo della situazione "armadio", arrivando a rinnovare il proprio guardaroba fino a due volte al mese.

Una delle cause di questo insolito trend è riscontrabile nel dato che riguarda la forbice di tempo che va dal 1995 al 2014, quando i prezzi dei capi d'abbigliamento sono cresciuti molto meno rispetto a quelli di altri beni di consumo. Ad esempio, nel Regno Unito, in quel periodo il costo medio delle merci è aumentato del 49%, mentre quello del vestiario è addirittura calato del 53%. Questa riduzione dei prezzi ha fatto sì che la quantità di abiti prodotti ogni anno venisse raddoppiata e che, di conseguenza, i consumatori acquistassero all'incirca il 60% di capi in più ogni anno, con una durata media di ciascun indumento che si è assestata intorno al 15% in meno rispetto al passato.

Quanti danni per il nostro pianeta

Il danno che l'industria tessile sta provocando al nostro pianeta è sempre maggiore: alcune immagini scattate da satelliti in orbita nello spazio, mostrano come la superficie di numerosi laghi terrestri si stia pian piano riducendo, a causa dello sfruttamento del suolo ad essi circostante per la creazione e lo sfruttamento di piantagioni di cotone, che finiscono con il deviare gli affluenti che alimentano questi bacini d'acqua.

La lavorazione e il trasporto di questa materia prima comporta spese e costi che superano di molto quelli di tanti prodotti di cui ci serviamo ogni giorno: basti pensare che per produrre un paio di jeans vengono consumati quasi 11.000 litri di acqua.

A questo punto, diventa necessario diventare più parsimoniosi evitando, quando si rompe o si strappa un vestito, di gettarlo nell'armadio con la consapevolezza che non verrà mai indossato.

Bisogna, infatti, recuperare la vecchia abitudine di riparare e riutilizzare gli abiti: a volte bastano delle toppe o delle cuciture colorate per vedere i propri vestiti essere ancora al passo con la moda.