Continua il tour instore di Claudio Gentile con il suo "E sono stato gentile" (edizione Rizzoli), libro autobiografico con racconti ed aneddoti di vita, scritto insieme ad Alberto Cerruti, firma storica della Gazzetta dello Sport.Nella giornata di ieri, è toccato alla Mondadori Store di Piazza Duomo (Milano) ospitare l'evento, aperto dal giornalista RAI Marco Civoli, alla presenza di ex calciatori e compagni d'avventure dell'ex calciatore nato a Tripoli come Marco Tardelli, Fulvio Collovati, il "ragno nero" Cudicini, Oscar Damiani e Gianpiero Marini.
Come nel libro "E sono stato gentile", l'apertura dell'evento avviene nel segno della Libia, terra a cui Claudio Gentile è legato, dove vi è nato (Tripoli) e dove vi è cresciuto fino ad otto anni, fino a quando il padrelesse il gioco espresso dalla politica del Paese che da lì a poco avrebbe portato all'emigrazione forzata degli italiani. Era il tempo dell'insediamento di Gheddafi, lo stesso che a 15 anni (come scritto nel primo capitolo del libro) rubava i datteri nel giardino di casa Gentile e che, una volta insediatosi a capo dello stato africano, vietò l'ingresso del popolo italiano nel suo territorio, dopo che gli stessi italiani contribuirono alla crescita della stessa Libia.Gheddafi era il soprannome a lui datogli durante la carriera di calciatore, tutt'altro che un onore come da lui dichiarato in sede di presentazione.
Un'etichetta che fu costretto ad accettare in quanto lo stesso Gheddafi era azionista FIAT, la stessa che aveva in mano la Juventus nella quale lo stesso Gentile giocava.Oltre a questa parentesi umana, sono stati toccati diversi punti tra cui, in maniera particolare, il Mundial 1982, quello dei pomodori pronti al lancio, dello scetticismo della carta stampata e del silenzio stampa di Zoff & Co.
Lo stesso che trasformò le risate da "arriveremo tra le prime 4" in gioia per la conquista della coppa del mondo.
Amarezza azzurra
Claudio Gentile entrò nella storia azzurra anche per un altro motivo: la conquista della medaglia olimpica (bronzo) ad Atene 2004, cosa che non avveniva da oltre sessant'anni. Una medaglia che non portò riconoscimenti, un evento che gli costò la panchina dell'under 21 e la possibilità di salire su quella "maggiore" nel post Lippi.
Tutta colpa della decisione di non portare un calciatore voluto dalla Federazione (non specificato nemmeno nel libro) all'Europeo del 2004, con le conseguenze che scaturirono da lì in avanti.Era luglio 2006, la nazionale maggiore guidata da Lippi di lì a poco avrebbe vinto il mondiale e Gentile ricevette da Boniperti l'offerta di allenare la Juve spedita in B. L'unico scoglio era il contratto con la FIGC, che non diede per tempo risposta sulla sua volontà di tenerlo nell'ambiente azzurro.L'inizio della fine. Gentile perse il treno Juve e qualche settimana dopo arrivò la beffa della panchina della nazionale maggiore data a Donadoni.Amarezza azzurra racchiusa in una frase: "Perché non puoi allenare in Italia se vai contro i poteri forti?", con cui si chiude la presentazione del libro dove è la parte umana a farla da padrona.