In quel 18 febbraio 1967 nessuno avrebbe mai immaginato che quella signora in camice bianco di nome Matilde Rizzotto stesse dando alla luce uno dei calciatori più forti del mondo. Ma quel giorno il calcio italiano abbracciava il suo talento più grande. Nessuno lo sapeva, ma quel giorno, in quell'ospedale, si scriveva la storia. Quel giorno, in quell'ospedale, nasceva Roberto Baggio. La vocazione calcistica è grande, sin da quando era bambino. Non conseguirà il diploma perchè proprio mentre stava terminando gli studi andrà in ritiro con L.R. Vicenza.
In fondo se sei nato e cresciuto con pane e pallone, un pezzo di carta subito ti aggrada ben poco rispetto al sognare di diventare un campione. E lui ci crederà talmente tanto da diventare davvero un campione. Poco importa se dodici anni dopo sbaglierai un rigore durante USA 1994, i veri campioni si amano incondizionatamente, senza badare agli errori, grandi o piccoli che siano.
Roby Baggio sarà in grado di spostarsi dalla Fiorentina alla Juventus, per poi andare al Milan e, dopo un anno al Bologna, approdare all'Inter. Di rivale in rivale, è riuscito a mettere d'accordo tutti. Nessun tifoso che abbia contestato l'approdo alla squadra rivale, nessun mugugno delle tifoserie, solo tributi e omaggi.
Il rito pagano azteca verso gli dei prevedeva l'offerta di fiori e sacrifici umani per averli favorevoli. Come un dio pagano (d'altronde è buddhista), ovunque sia andato, ovunque vada, viene tributato. Non con sacrifici umani, certo, ma fiumi di fiori e ondate di affetto che lo travolgono. Perchè Roberto Baggio è sempre stato silenzioso, lontano dai riflettori, sempre molto timido e riservato, è riuscito a farsi amare per la sua silenziosità.
Mai una parola fuori posto, mai un comportamento che lo mettesse in cattiva luce. Se sei puro dentro, non puoi riuscire a strappare critiche alla fine.
Mezzo secolo
Da quel giorno di febbraio del '67 sono trascorsi 50 anni e Roberto Baggio continua ad essere silenzioso. Basta guardare come ha deciso di festeggiare mezzo secolo di vita: tra le tende, ad Amatrice, in mezzo alle persone che avevano davvero bisogno.
Di questi 50 anni ne abbiamo trascorsi insieme circa venti e, sebbene quel rigore sia una cictrice che fa ancora male, nessuno potrà mai ricordarti per quel momento. Non dovevi neanche giocarla quella partita, ma tirarsi indietro non era da Roberto Baggio. Perciò giocò e calciò il rigore. Lo sbagliò, ma fa niente. Quando sei in grado di segnare gol incredibili come quello contro il Milan mentre vesti la casacca bianconera, tutto ti è permesso. Se non fosse stato per quel ginocchio che puntualmente decideva di mollare la presa. Ma ogni grande dose di genialità porta con se sempre un'altrettanto grande dose distruttiva, quella di Baggio era nell'essere un cristallo fin troppo raffinato. E la raffinatezza del cristallo talvolta può essere davvero una debolezza.
Oggi l'Italia celebra il suo idolo, oggi l'Italia intera per un attimo si fermerà a tributare qualche secondo per riprovare il brivido di sentire urlare Roberto Baggio. E forse, da qualche parte, qualcuno, riguardando il video, pregherà affinchè quel rigore possa entrare.