Un incontro riservato con gli studenti al “Corso di perfezionamento in Diritto Sportivo e Giustizia Sportiva”, presso l'Università degli Studi di Milano si è trasformato in un atto d’accusa senza precedenti verso la squadra. Piero Ausilio non aveva forse previsto la presenza in sala di qualche gola profonda che ha rivelato a calciomercato.com le sorprendenti parole del direttore sportivo dell’Inter: una serie di considerazioni molto schiette che, man mano che il tempo passava, hanno lasciato il posto a critiche sempre più dure e sorprendenti. Il dirigente incomincia ammettendo la difficoltà della transizione da una gestione prettamente familiare come quella dei Moratti ad una più manageriale, avviata da Thohir, quel “signore in Indonesia” che ha portato ad attuare una logica focalizzata sui ricavi, più adeguata al calcio moderno.
Logica che in Italia la Juventus ha compreso per prima, creando i presupposti per quel divario con le altre squadre, tuttora difficile da colmare.
Niente più spese pazze
I movimenti di mercato devono essere adeguati al proprio fatturato: niente più spese pazze e grande attenzione al Fair Play Finanziario. Quindi, nonostante la forza e la solidità finanziaria della nuova proprietà cinese, nessun acquisto stellare, “anche se potremmo tranquillamente comprare un Cristiano Ronaldo”. È necessario anche rischiare, magari investendo sui giovani. E qui parte la prima bomba: “Su Gabigol c’è stato qualcosa di diverso, ma non posso spiegarlo”, annuncia sibillino Ausilio, forse riferendosi all’interesse dello sponsor Pirelli nell’operazione.
Poi un’altra rivelazione: “Abbiamo provato a prendere Paulo Dybala, ma la Juve offriva 20 milioni in più”.
Una stagione programmata male
Come se non bastasse, Ausilio esamina apertamente gli errori nella stagione dell’Inter: si è partiti con il giusto entusiasmo grazie alla nuova proprietà, ma l’uscita di Mancini ad una settimana dalla prima partita e l’arrivo di un allenatore completamente all’oscuro del calcio italiano, come De Boer, hanno compromesso tutto: “Chiunque avrebbe capito che iniziavamo male, con un ritardo da colmare rispetto agli altri”.
Quindi è stato necessario ricominciare da zero, portandosi dietro questo peso che alla fine ha compromesso tutto, perché nel calcio serve quella programmazione che qui è completamente mancata. A questo si aggiungono i numerosi errori di comunicazione: tra i tanti, Ausilio cita il silenzio sulle voci relative a un cambio di allenatore, diffuse proprio nel momento migliore della squadra.
Il duro attacco ai giocatori
Ausilio comincia col dire che l’Inter ha una rosa di buoni calciatori per poi attaccare senza mezzi termini. “I ragazzi si allenano, quello che manca è il senso di solidarietà, non essendo riusciti a creare un gruppo per le diversità di etnia, età, ma anche nella personalità e nei valori umani”. E poi l’affondo: “Vedo diversi gruppetti e tanta gente che pensa solo a se stessa – continua, ormai irrefrenabile – nessuno fa più del suo, mancano grandi personalità e forza d’animo”. E, per chi non avesse ancora capito l’antifona, cita Zanetti, Cambiasso, Milito e Samuel per l’Inter del triplete, ma anche Chiellini, Buffon, Bonucci e Barzagli come esempi di ossatura in una squadra vincente. Parole dure, sia pur mitigate da quel “stiamo costruendo qualcosa”, che forse un direttore sportivo in carica, in gran parte responsabile della rosa attuale, non dovrebbe pronunciare in pubblico.