La classifica di Serie B si sgrana dopo appena tre giornate e buona parte dei discorsi fatti al termine dei primi 180’ è da rivedere. Niente paura, questo è il campionato cadetto, quello in cui nulla è come sembra e molti concetti, non esageriamo a chiamarli postulati, crollano quando meno ci se lo aspetta. Accade allora che il poker di squadre in vetta a punteggio pieno dopo due partite si è già sgretolato in virtù di due pareggi e una sconfitta.

La legge del Carpi

L’unica a resistere è il Carpi di Antonio Calabro, che regola ancora di misura pure la Salernitana e prova a sognare.

Oddio, meglio non farlo, visto che nessuna delle squadre in fuga da sole in avvio di stagione negli ultimi due campionati è poi salita in A e anzi una, il Livorno 2015, è pure retrocesso. Non sembra comunque essere questo il caso degli emiliani, protagonista di una lungimirante rivelazione: la finale playoff, pur sorprendente, ha chiuso un ciclo invece di rilanciarlo, saggia valutazione paradossalmente dovuta proprio alla sconfitta contro il Benevento. Sì, perché perdere le finali agevola i ribaltoni (si pensi alla Juventus del post-Berlino 2015), mentre vincerla spinge a credere che il sogno possa prolungarsi, sbagliando, come successo a Milan e Inter rispettivamente dopo le finali Champions 2007 e 2010.

Ovviamente è presto per dire se i biancorossi potranno fare la lepre, anzi è certo che non sarà così, perché per qualità, oltre che per livello di esperienza, le corazzate sono altre, ma se i risultati non creeranno troppe aspettative (e non dovrebbe essere così), ci sarà tutto per sognare, comprese la profondità di una rosa che deve ancora scoprire le potenzialità di Mbaye N’Zola e che non conterà sullo svincolato Masahudu Alhassan, appiedato poco prima della firma del contratto.

Il Frosinone chiede strada

Le corazzate sono altre, appunto, e per trovarle può essere utile leggere il numero delle reti segnate, più che di quelle (non) subite. Se infatti lo scudetto lo si vince grazie alle difese ermetiche, per salire in A saper segnare molto è più importante. Lo dicono i numeri: un conto è primeggiare tra squadre quasi “perfette”, destinate a perdere non più di 4-5 partite, un altro farlo tra formazioni di pari livello sì, ma inferiore.

Per la promozione si possono invece perdere fino a 8-10 partite ed è chiaro quindi che avere un attacco forte, capace per intendersi di segnare un gol in più dell’avversario, può fare la differenza. Per info chiedere in positivo a Empoli e Frosinone, le squadre della settimana, e in negativo al Parma. I 3-3 contro Palermo e Pescara valgono come oro per l’autostima delle formazioni di Vivarini e Longo, pur per motivi diversi: carattere per i toscani, straripante qualità per i ciociari, favoriti sì dalle solite follie zemaniane, ma capaci di aggiungere alle tre reti fatte quattro legni e un gol annullato, ma regolare, che sarebbe valso un primato più che simbolico.

Pro Vercelli, disastro a più mani

Insomma, alla terza giornata si può anche esultare per un punto che vale come una vittoria, o imprecare per una sconfitta che può fare male. Il primo ko del Parma, sfortunato nell’acquitrino contro il Brescia, fa il paio con i punti, immeritati, conquistati a Novara, ma chiarisce che qualcosa non ha funzionato nella costruzione della squadra, pensata unicamente per un 4-3-3 e basata su esterni offensivi troppo leggeri per i campi bagnati. Vedremo cosa succederà con Ceravolo, se si potrà andare verso un cambio di modulo o se il sacrificato sarà Calaiò, comunque mai in grado di andare al tiro contro le Rondinelle. C’è comunque chi sta molto peggio, come Foggia, Entella e soprattutto Pro Vercelli.

Diamo ai Diavoli Neri l’attenuante del caso Caputo (ma il problema non è certo in attacco…), per il resto pugliesi e piemontesi, insieme a un Cesena da vorrei, ma proprio non posso, sembrano destinate a soffrire. Anzi, per la Pro pure farlo allo stato attuale sarebbe un successo. Le prime tre giornate hanno evidenziato una squadra guidata sì da un allenatore poco esperto come Grassadonia, ma non attrezzata a livello tecnico. Rinunciare a La Mantia e Bianchi senza sostituirli non ha certo agevolato il compito del tecnico toscano, Il tempo per rimediare, con o senza cambio di mister, non manca: questo campionato non ha bisogno di cenerentole o di squadre retrocesse a Natale.