"Da bambino tifavo per l'Ungheria di Puskas anche se mia mamma mi diceva 'ma Arrigo... sono tutti comunisti'. Io le rispondevo che non importava perché giocavano bene". Quasi certo a questo punto che la sua passione d'infanzia per la leggendaria 'Aranycsapat' (squadra d'oro) abbia influenzato la sua filosofia calcistica e gli indizi ci sono tutti: una squadra 'totale' che ha rappresentato una delle prime rivoluzioni del calcio nel dopoguerra, composta da grandi fuoriclasse ma che aveva alla base un gioco corale che la rendeva quasi invincibile.
La filosofia di Arrigo Sacchi non cambia e il suo Milan rimane impresso nella memoria collettiva degli appassionati di calcio come una squadra fantastica che non si è limitata a vincere, ma ha strappato applausi a scena aperta per la qualità del suo calcio. Il 'mago di Fusignano' ha compiuto 75 anni ed ha rilasciato una serie di interviste alla Gazzetta dello Sport e a Sport Mediaset in cui ha raccontato alcuni aneddoti, oltre ad analizzare le squadre di vertice di oggi. Una cosa è certa, sono trascorsi trent'anni dal suo Milan, ma i suoi capisaldi calcistici non sono mutati di una virgola nel corso dei decenni.
'Cercavo di migliorare i giocatori attraverso il gioco'
Si entra dunque in una sorta di 'rompicapo' al quale una vera risposta non c'è mai stata.
Nella lunga storia del calcio sono stati i fuoriclasse a fare la differenza, ma ci sono state squadre come la citata Ungheria, l'Olanda e l'Ajax di Cruyff, il Milan di Sacchi o il Barcellona di Guardiola che la differenza l'hanno fatta con il proprio gioco, alla cui base però ci sono sempre stati grandi fuoriclasse in ogni ruolo.
Conta più il calciatore o il gioco di squadra? Arrigo Sacchi non ha dubbi. "Oggi dicono che mettono al centro il giocatore, ma se lo mettono in campo così com'è non gli vogliono poi tanto bene. Io cercavo di migliorare i giocatori attraverso il gioco e, forse, gli volevo più bene io". E poi l'immancabile provocazione: "Se contano solo i giocatori perché ci sono certi allenatori che guadagnano così tanto?".
Il calcio di oggi è un mondo che non gli appartiene più. "Con Berlusconi ci sentiamo ogni tanto, una delle volte mi aveva proposto di fare il direttore tecnico al Monza, mi aveva offerto una villa e un maggiordomo. No, grazie presidente, ma è tardi. Sono contento che stia bene, gli ho risposto".
'Il mio Milan ha migliorato il calcio italiano'
Riguardo alle squadre di oggi a livello continentale, Sacchi apprezza il Bayern e il Manchester City. "Il City di Guardiola ha ripreso a pressare e gioca bene, gli avevo detto quando mi aveva chiamato a novembre in un momento difficile che era quello il suo problema, non pressava più. Pep ha sempre migliorato i campionati in cui gioca come faceva il mio Milan che ha migliorato il calcio italiano trasmettendo conoscenza e coraggio e, infatti, in quel periodo in Europa vincevano tutte".
'Un giocatore da solo non fa mai una squadra intera'
Tra gli allenatori di oggi apprezza molto Stefano Pioli. "Lui è riuscito a dare un'identità al Milan, cosa che non era riuscito a fare nelle precedenti squadre che aveva guidato". Milan che è stato a lungo sostenuto anche dalle prodezze dell'intramontabile Zlatan Ibrahimovic, dunque siamo sempre alla solita questione, ma Sacchi la risolve serenamente. "Ibra è un campione che gioca per e con la squadra. Un giocatore da solo non fa mai una squadra intera. Non bisogna trasformare il calcio in uno sport individuale". Da qui una virtuale 'bacchettata' alla Juventus che, a suo avviso, starebbe puntando troppo su Cristiano Ronaldo ma in questa stagione mostra evidenti lacune di gioco.
"Vale per tutti, sia che ti chiami Maradona o Cristiano Ronaldo. Puntare sul singolo non ha mai pagato, per esempio Maradona non ha mai vinto una Coppa dei Campioni e non era certamente inferiore a CR7". Infine un elogio al lavoro di Antonio Conte all'Inter che, secondo Sacchi, si trova prima in classifica grazie al gioco. "Antonio è un grande allenatore che vive per il calcio. L'Inter oggi sfoggia ripartenze micidiali, anche se Conte non è ancora arrivato a coinvolgere undici giocatori sia nella fase difensiva che in quella offensiva, ma quando ci riuscirà sarà dura per tutti".