Quando il flash di agenzia (Ansa) è arrivato sul nostro terminale abbiamo strabuzzato gli occhi. La notizia che l'ex capitano dell'Atalanta Cristiano Doni sarebbe indagato per rapina dalla procura di Bergamo lascia tutti con il pensiero a qualcosa di eclatante.

E ci si chiede: forse il giocatore appesi gli scarpini al chiodo, potrebbe aver imbracciato le armi dedicandosi allo sport preferito da Vallanzasca?. Il sostituto procuratore Giancarlo Mancusi ha interpretato un episodio risalente a tre settimane addietro, quando Doni costrinse un fotografo che lo aveva ripreso insieme ai figli minorenni, privandolo sostanzialmente della scheda di memoria inserita nella macchina digitale, attribuendogli il peso di un delitto molto grave.

I fatti (sviluppatisi lo scorso 21 settembre, a Bergamo, in piazza della Libertà) sarebbero andati secondo questa dinamica:  l'ex capitano nerazzurro era appena uscito dal ristorante dove aveva pranzato ed era stato ripreso a più scatti da un fotoreporter che si era accorto del gruppetto. Doni  in compagnia dei familiari, tra cui la figlioletta di 10 anni e il secondogenito di appena due mesi, secondo le testimonianze di qualche passante  avrebbe inveito con un "avvoltoi" all'indirizzo del paparazzo. Poi sarebbe passato alle vie di fatto acciuffandolo per il bavero e intimandogli e poi  costringendolo a consegnargli la scheda con le immagini appena scattate.

Dopo la notizia relativa all'accusa ipotizzata di "rapina"  Cristiano Doni ha rilasciato alcune dichiarazioni secondo cui vorrebbe farsi interrogare al più presto dal sostituto procuratore Giancarlo Mancusi, al quale intende fornire la propria versione dei fatti.

Doni è difeso dall'avvocato Salvatore Pino, lo stesso legale che lo assiste nell'inchiesta sul calcioscommesse.  

A margine di questo episodio  riteniamo che accusare un cittadino - che può vere avuto il solo torto di commettere un "fallo di reazione" (per restare nella terminologia calcistica) - di "rapina"  appare un goffo tentativo di spettacolarizzare qualcosa che sembra proprio non avere né i requisiti e né i connotati specifici.

Non spiacerebbe una legge che imponesse alla stampa di non omettere obbligatoriamente  i riferimenti delle generalità dei magistrati, in cerca di pubblicità e nemmeno alcune regole precise per limitare l'ampia discrezionalità nell'attribuzione dei reati, almeno in casi come questi dove è evidente che Doni non aveva assolutamente bisogno di "rapinare" il fotografo ma esclusivamente di difendere la privacy dei figli ed ha agito esagerando ma non di certo intendendo macchiarsi di un reato infamante come quello di "rapina" ... a mano libera!