Michelle Knight, una delle tre giovani sequestrate etorturate per oltre un decennio dal "mostro di Cleveland", Ariel Castro, harilasciato un'intervista trasmessa questa settimana su WKYC Channel 3 nellatrasmissione condotta dallo psicologo Phil McGraw.

Le notizie trapelate nei mesi trascorsi hanno lasciatointuire che delle tre vittime di Castro, recentemente suicidatosi dopo unasentenza all'ergastolo con l'aggiunta di più di mille anni di carcere, Knight ècolei che ha più sofferto. Per primafinì nella casa degli orrori, oggi demolita, ritrovandosi così ad essere l'unicadestinataria delle "attenzioni" di un aguzzino per quasi un anno, fino all'arrivodella sedicenne Amanda Berry nel 2003, e poi di Gina de Jesus, quattordici anniappena nel 2004.

All'epoca Michelle era già adulta e madre di un bimbo, ma all'apparenzaragazzina fors'anche per la statura che le era valsa il soprannome "Shortie",piccoletta. "Quando Castro scoprì la miavera età diventò matto – dice Michelle – perché pensava che fossi unatredicenne che si prostituiva".

Autista della linea degli autobus che servivano la scuolafrequentata da sua figlia Arlene, amica della sfortunata Gina de Jesus, e untempo anche da Amanda Berry, Ariel Castro era un predatore sessuale di adolescentipoco più che bambine. Non solo, era un violento. Col senno di poi la morte dellamoglie, Grimilda Figueroa, dovuta ai postumi delle sue percosse, avrebbe dovutofar presagire quanto brutali potessero essere le aggressioni di quest'uomo.

Michelleha riportato danni irreversibili alle terminazioni nervose per esser statalegata e appesa al muro "come un pesce", la perdita parziale dell'udito e dellavista e la rottura della mandibola per le percosse subite, oltre agli abusisessuali e agli aborti procurati a suon di calci e digiuni prolungati. Masoprattutto Ariel Castro era un sadico che univa in sé la bestialità e laperfidia di una mente perversa, che godeva nell'infliggere sofferenzepsicologiche oltre che fisiche.

A Michelle, "abbandonata" dalla madre come dall'FBI, chepare abbiano smesso presto di cercarla adducendo un allontanamento volontario,Castro diceva: "posso violentarti e a nessuno gliene importa, nessuno. Eccoperché ti odio".

Ma non era questa la vera ragione del suo accanimento neiconfronti di "Shortie". Si capisce osservandola, Michelle Knight, in questa intervistacol Dr.

Phil McGraw: dietro la sua figura piccola di donna si vede l'ombraspropositata dell'immensa forza interiore che custodisce in sé. L'occhio morbosodi Castro non l'aveva scorta, attratto com'era da quella fisicità di bambinache lo aveva indotto nel clamoroso errore di rapire non un'acerba teenager, mauna ventenne già madre di un bambino di due anni. Una donna dal carattere noncerto remissivo o docile, come sembrerebbe avere invece Amanda Berry, la quale fuaiutata proprio da Michelle a partorire Jocelyn, concepita durante uno deitanti abusi. Abusi da cui Michelle ha cercato invano di far risparmiare Gina deJesus, compagna di sventura con cui si è creato un legame strettissimo.

S'intuisce che a dispetto di tutto non stava zittaShortie, come non è stata zitta al processo dell'uomo che per anni l'avevamassacrata di botte senza però riuscire a farle perdere la speranza diriabbracciare una vita piena.

Se nella casa degli orrori non esitava a gridare aCastro "sei un mostro", al processo Michelle gli detto in faccia che l'inferno toccatoa lei ora sarebbe cominciato per lui, con fine pena mai.

Ad Ariel Castro si è rivolta anche la madre di Gina deJesus, Nancy Ruiz, che in spagnolo gli ha detto "che Dio abbia pietà di te". Seesiste un aldilà, pietà perCastro non l'avrà di certo Louwana Miller, morta di crepacuore nel 2006 primadi poter riabbracciare sua figlia Amanda Berry.

Nutre ancora questasperanza Barbara Knight, a cui Michelle non perdona il fatto di non averlacercata in tutti questi anni, come hanno fatto invece le famiglie delle altre vittime:vero o presunto che sia, questo abbandono ha cristallizzato una frattura divecchia data tra madre e figlia.

Phil McGraw ha accennato all'argomento ricordandoche dopo la liberazione delle tre ragazze, che "solo due di loro erano tornatea casa". "Shortie" ora vuole e può costruire la sua casa, un luogo dove speradi poter vivere con il figlio Joey, tolto alla sua custodia quando aveva dueanni per comportamenti inadeguati di Barbara Knight e del suo compagno diallora. Con una forza d'animo straordinaria, Michelle Knight ha detto a PhilMcGraw queste parole: "voglio che mio figlio mi veda come un vincitore, noncome una vittima, e voglio che sappia che sono sopravvissuta amandolo. Il mioamore per lui mi ha fatto superare tutto".

Una toccante lezione sul valore della vita, della solidarietà, e dell'amorequella della piccola grande Michelle Knight.