In abito nero, volto profondamente commosso e tirato, il presidente sudafricano Jacob Zuma ha annunciato al mondo intero la scomparsa del leader della lotta per la libertà, Nelson Mandela, detto "Madiba", per il quale "il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre". Parole piene di dolore e sconforto quelle del presidente, che paragona la morte dell'amato combattente alla perdita di un padre, il padre di tutti, che ha trascorso una vita intera nelle terribili carceri di Robben Island, prima di diventare finalmente presidente nel 1994 e vedere la fine del regime di segregazione razziale. 

Aveva mosso i primi passi verso la conquista dei pari diritti per bianchi e neri già nel lontano 1941, quando si rifiutò di contrarre un matrimonio combinato e decise di fuggire col cugino Justice in direzione Johannesburg; iscrittosi qui all' "African National Congress" (ANC) iniziò la sua battaglia nel 1952 opponendosi al "Partito Nazionale", autore di una politica pro-apartheid.

Pensò quindi che un intervento armato fosse necessario per conquistare i diritti legittimi che gli venivano negati, ed impegnatosi in azioni di guerriglia militare fu arrestato nel 1962, e condotto in prigione vi rimase fino al 1990.

Il primo presidente nero degli Stati Uniti, Barack Obama ha appreso la notizia commentando "Abbiamo perso uno degli uomini più coraggiosi ed influenti dell'umanità", forse pensando che la sua elezione sia stata possibile anche grazie a Mandela. Il cordoglio è arrivato anche da tutti gli altri leader mondiali: dal "caro compagno" come è stato definito da Raul Castro al "simbolo della liberazione dal colonialismo e dall'occupazione per tutti i popoli che aspirano alla libertà" come lo ha invece descritto il presidente palestinese Mahmoud Abbas, Mandela raccoglie gli omaggi di tutto il mondo, sinceramente meritati.