Il 27 gennaio del 1945, esattamente 70 anni fa (oggi si ricorda con la Giornata della Memoria), i soldati sovietici entrarono nel complesso di 3 campi di concentramento e 45 sottocampi, conosciuto come campo di Auschwitz, nel sud-ovest della Polonia, che appena pochi giorni prima era stato evacuato dai nazisti, volti alla fuga dopo la consapevolezza della disfatta. L'arrivo dell'Armata Rossa pose fine al più grande sterminio di massa concentrato in un solo luogo mai avvenuto nella storia dell'umanità.
Nonostante i numeri siano ancora oggetto di dibattito, secondo lo US Holocaust Memorial Museum (il museo statunitense della memoria dell'Olocausto), nel campo di Auschwitz furono deportati più di un milione di ebrei (più esattamente, tra 1,1 e 1,3 milioni) e di questi 960.000 rimasero uccisi: è questo il triste primato di Auschwitz, quello di essere stato, dunque, il campo in cui morirono più detenuti in assoluto e non solo rispetto ad altri campi di concentramento nazisti, ma di qualsiasi altro campo di concentramento della storia.
Quando i sovietici entrarono nel complesso, lo spettacolo che si trovarono di fronte fu di una desolazione infernale, inimmaginabile, indicibile: circa 7.000 persone vive a stento, affamate, scarnite, ridotte alle sole ossa; indumenti appartenuti a uomini, donne e bambini accatastati a milioni, più di 6 chili di capelli, 100.000 paia di scarpe, 12.000 utensili da cucina e altre migliaia di oggetti, la materia quotidiana dell'esistenza di persone spogliate di tutto per avidità, follia, cieca brutalità.
La storia del campo
La prima base di Auschwitz, aperta nel 1940, copriva un territorio di 40 km²: a questa, nel 1942, fu aggiunta una seconda sezione, conosciuta come Auschwitz-Birkenau, concepita per lo sterminio di massa.
Ritenuta non sufficientemente ampia, fu estesa di altre quattro camere, usate fino al novembre del 1944, appena 2 mesi prima dell'arrivo dei sovietici, per il genocidio sistematico degli ebrei e dei rom internati. Una terza sezione (Monowitz) era destinata ai lavoratori che, qualora fossero risultati inabili, venivano spostati nell'area dedicata allo sterminio.
Ma l'orrore ad Auschwitz non aveva mai fine: uno spazio, all'interno del complesso, veniva utilizzato come laboratorio per compiere esperimenti sugli internati, soprattutto ebrei e rom, sottoposti a pratiche come la castrazione, la sterilizzazione o test che prevedevano che fossero loro iniettati degli agenti in grado di provocare gravi malattie.
Molte le coppie di gemelli che subirono il destino di essere trattate alla stregua di cavie di laboratorio per alimentare il delirio d'onnipotenza degli scienziati nazisti, di cui il più noto è senza dubbio Josef Mengele. Ma quest'ultimo era soltanto uno dei 7.000 impiegati nazisti nel campo. Di questi 7.000, solo poche centinaia sono stati processati per i crimini commessi.