La latitanza di Sebastiano Mazzei è finita come doveva. A Ragalna alle pendici dell'Etna, il figlio di Santo Mazzei, l'alleato dei corleonesi originario di Catania, è stato arrestato presso una villetta, in mezzo alle distese di terre incolte che circondano il paesino siculo. L'affiliato al clan Santapaola è stato blindato inaspettatamente mentre si trovava insieme alla moglie. Mazzei era già ricercato e non si avevano più sue notizie da Aprile 2014. Il blitz ribattezzato 'scarface' lo aveva perso di vista e la guardia di finanza da tempo aveva cercato di mettersi sulle sue tracce.
I capi d'imputazione - Mazzei è accusato di aver ricoperto una leadership all'interno degli affari del suo clan. Soprattutto stando a - La Repubblica - il latitante avrebbe reinvestito i proventi di attività illecite come estorsione,bancarotta quest'ultima legalizzata dal circolo vizioso legato alle metodologie adottate dalla mafia.Il 'prestanome' è ormai una pratica consuetudinaria per comprare attività commerciali con nomi fittizi. Il boss catanese è anche stato accusato di traffico di droga , un commercio che si infittiva attraverso il legame con l'organizzazione criminale calabrese della Piana di Gioia Tauro.
Vecchio stampo - Il cognome Mazzei non è nuovo alle forze dell'ordine. Il latitante arrestato è figlio di Santo Mazzei detenuto in un regime 41 bis e legato a sua volta al clan corleonese di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca.
Operazione scarface - Il primo Aprile 2014 è andato in scena un blitz che di cinematografico ha tanto, ma che purtroppo è la realtà. I militari della Guardia di Finanza di Catania, con l'ausilio dello Scico di Roma hanno realizzato un'indagine antimafia che ha portato all'arresto di 11 persone. Tra questi Sebastiano Mazzei ha avuto notificato il provvedimento cautelare in quanto appartenente al clan dei ' Carcagnusi'. I 'Mazzei' così ribattezzati proprio da Bagarella erano già stati individuati dalle forze dell'Ordine nel 2013 con l'operazione Reset.