L'Irlanda ha detto 'si' alle nozze gay. Clamorosa vittoria dei 'si' al referendum per la legalizzazione delle nozze tra persone dello stesso sesso. Lo scarto è cospicuo: 62,1% i 'si' contro il 37,9% dei 'no'.Gli irlandesi sono stati chiamati alle urne la mattina del 22 maggio 2015; sabato 23 maggio alle 9 del mattino (le ore 10 italiane) ha avuto inizio lo spoglio delle schede, ma già nel primo pomeriggio l'avanzata dei 'si' appariva schiacciante. Questa è la prima volta in assoluto che un Paese chiede ai suoi cittadini di decidere, se estendere i diritti riservati alle coppie eterosessuali anche alle coppie dello stesso sesso, attraverso la consultazione popolare.
Con questa vittoria è stata dunque confermata la svolta storica sui diritti civili in un Paese ultra cattolico come l'Irlanda, che fino al 1993 considerava l'omosessualità un reato e che non ha ancora un'autentica legge sull'aborto (quella passata nel 2013, considera l'aborto solo per le gravidanze a rischio). Per ciò che riguarda i diritti delle coppie omosessuali, un passo avanti era già stato compiuto nel 2010 con l'introduzione delle unioni civili tra persone omosessuali.
Grande affluenza alle urne
ìSecondo l'emittente pubblica Rte, l'affluenza alle urne è stata altissima: tra il 50% e il 60% dei 3,2 milioni di cittadini aventi diritti al voto. L'afflusso maggiore è stato rilevato a Dublino: in alcune zone della capitale, venerdì 22 maggio attorno alle ore 17, si misurava già il 40% di affluenza, che è risultata però più bassa nelle zone rurali.
Di certo ha avuto grande peso il consistente numero di immigrati, gli 'expat', che sono rimpatriati da più parti del mondo per dare il loro contributo. Per quest'occasione, grande successo e seguito ha avuto su Twitter l'hashtag #HomeToVote.
Chiesa Cattolica in crisi
Il referendum ha però diviso la popolazione irlandese a metà, creando una specie di spartiacque generazionale fra giovani più disposti al cambiamento e anziani più legati alla tradizione.
Uno scontro tra due fronti: il fronte del 'no', guidato da gruppi conservatori e di ispirazione cristiana, e il fronte del 'si', più variegato ed eterogeneo, con il quale si sono schierati: la maggioranza dei partiti, le aziende, i media, i sindacati, il corpo studentesco e numerosi personaggi noti, come uomini di spettacolo o star dello sport.
La Chiesa Cattolica, che in Irlanda ha avuto sempre una grande influenza, è uscita moralmente sconfitta da queste votazioni. Anche nella scelta del voto il corpo clericale si è trovato diviso: i vescovi hanno mantenuto salda la loro posizione sul 'no', invitando i cittadini a rispettare i principi morali e a difendere la famiglia tradizionale. Tanti però sono stati i preti e le suore 'ribelli' che, al contrario, si sono schierati dalla parte dei 'si' e alla possibilità di apertura. Sulla perdita di influenza della Chiesa sui cittadini, e quindi sui risultati del referendum, hanno pesato i controversi scandali dei preti pedofili emersi dopo la metà degli anni '90. Per questo motivo, durante la campagna referendaria, la Chiesa si è astenuta dal mettersi in prima linea, facendo perno su alcune associazioni come lo "Iona Institute", che lotta per affermare la rilevanza del legame biologico di maternità e paternità. Con questa legge comunque non sarà imposto alla Chiesa irlandese l'obbligo di celebrare matrimoni religiosi tra persone dello stesso sesso.