L'odissea di Nadia, che viveva in un campo rom del capoluogo sardo, è iniziata tre anni fa. La sua famiglia la insultava, minacciava e sottoponeva a violenze da che aveva abbandonato l'islam per abbracciare la religione cristiana, fino all'episodio finale avvenuto il primo giugno, perché lei aveva ha fatto battezzare il suo bambino di un anno e mezzo. Il marito non l'ha difesa.
I fatti - Il suocero, Hego Adzovic, 52 anni, è stato arrestato dopo aver riempito di botte la nuora, che di anni ne ha 22, ed averla ferita con un paio di forbici ed un coltello.
La ragazza, di famiglia bosniaca, era già finita all'ospedale due volte, nel 2013 e nel 2014, ma non aveva mai denunciato le pur importanti violenze subite - ordinate o eseguite materialmente dallo stesso suocero -. Questa volta però, dopo che ha riportato ferite e fratture multiple ed i medici le hanno dato 40 giorni di prognosi, ha trovato il coraggio e ha raccontato tutto alle autorità. Adzovic si era pure recato nell'ospedale dov'era ricoverata la ragazza, con l'intenzione di ucciderla, ma è stato fermato dai carabinieri. Naturalmente non avrebbe neanche voluto che fosse curata.
L'arresto del suocero e il trasferimento di madre e figlio in una casa protetta - Per decisione del gip Marco Contu l'uomo è stato rinchiuso nella Casa circondariale di Sassari-Bancali, mentre la giovane madre ed il figlio non si trovano più al campo rom dove vivevano: hanno trovato rifugio in una casa protetta, ha fatto sapere il tenente colonnello Alberto Cicognani, comandante del Reparto territoriale dei carabinieri.
Il caso di Rachida, uccisa perché voleva diventare cristiana - Questa non è la prima volta in Italia che una persona, una donna musulmana, paga per aver voluto convertirsi al cristianesimo. Nel 2011, a Brescello, in provincia di Reggio Emilia, Rachida Radi, 35 anni, marocchina, madre di due figlie, è stata uccisa a martellate dal marito perché voleva integrarsi, faceva volontariato in parrocchia, voleva divorziare e pensava appunto di convertirsi alla religione cristiana. L'uomo, Mohamed El Ayani, 39 anni, suo connazionale, è stato condannato a 30 anni di carcere.