È stato aperto per cinque settimane, come annunciato, Dismaland, il “parco giochi” di Bansky (misterioso artista di Bristol diventato superstar dell'Arte) a Weston-super-Mare, località marittima dell'Inghilterra occidentale. Le virgolette sono necessarie dal momento che non si è trattato di un parco giochi comune, ma di un’installazione tetra, come indica benissimo il nome: “dismal” in inglese significa tetro, fosco ed è per questo che il suo simbolo è un castello delle fiabe derelitto. Il riferimento è senza dubbio a Disneyland, ma Banksy è andato oltre e ha voluto mostrare quanto la realtà sia diversa dalle fiabe che ci raccontano (tanto che all’interno di Dismaland è stata bandita ogni immagine di Topolino!).

Più che un parco di divertimento, Dismaland è stato un “bemusement park”, vale a dire un “parco di disorientamento”.

Dismaland trasferito al campo profughi di Calais

Ora Dismaland ha chiuso i battenti, facendo registrare ogni giorno il tutto esaurito (circa quattromila ingressi al giorno, per un totale di oltre centocinquantamila persone e con un un surplus di 20 milioni di sterline; il biglietto di ingresso costava tre sterline, ma i bambini sotto i cinque anni non pagavano, anche se, ripetiamo, non era un posto per bambini). Che fare ora di tutto quello c’era in questo “parco per famiglie inadatto ai bambini”? La risposta arriva dallo stesso Banksy che ha fatto sapere che l’intero parco verrà smontato e trasferito a Calais, nel nord della Francia, e diventerà un rifugio per i profughi. L’artista ha comunicato che tutto il legno e gli infissi utilizzati per Dismaland saranno inviati al campo rifugiati (una baraccopoli abusiva costruita dai migranti che tentano di raggiungere la Gran Bretagna per poter condurre una vita dignitosa) nei pressi di Calais, per la costruzione dei rifugi.

Oscar Wilde diceva che “Di tutte le cose inutili l’arte è la più necessaria”: non vogliamo certo discutere qui del valore dell’arte, né tantomeno del suo valore sociale, però un’iniziativa come quella di Banksy è senza dubbio una buona occasione per riflettere su quanto le nostre “fiabe” siano spesso “storie d’orrore” per altri. L’arte, almeno questo, deve far discutere. E con Banksy è un dato di fatto.