Dopo la vittoria del premio Nobel per la pace Aung Sang Suu Kyi delle elezioni in Birmania, ci si aspetta una svolta positiva per risolvere il grave problema dei Rohingya. La stessa Aung Sang Suu Kyi, più volte interpellata in merito a notizie diffuse da media stranieri e associazioni umanitarie riguardo le accuse di pulizia etnica nei confronti di questa minoranza, non si è mai voluta pronunciare. Nonostante i tanti problemi del Paese, questo ha sicuramente la priorità secondo l'ONU.
Chi sono i Rohingya
I Rohingya sono un gruppo etnico di fede musulmana che risiede principalmente nel nord della Birmania, al confine con il Bangladesh, e non riconosciuto come minoranza dal governo.
Sia in Birmania che in Bangladesh sono sistematicamente discriminati e fanno parte degli strati più poveri della nazione. Rappresentano il 5% della popolazione, e sebbene l'ONU abbia invitato il governo a riconoscergli la cittadinanza, questa minoranza etnica rimane in uno stato di apolidia, di non esistenza nella sua terra. Alla base delle persecuzioni che vivono da decenni c'è la discriminazione razziale e religiosa perpetrata dalla maggioranza di fede buddista del Paese.
Senza diritti e rifiutati da tutti
I Rohingya non possono sposarsi nè viaggiare senza il permesso delle autorità birmane, non hanno il diritto di proprietà, ed ogni coppia può avere al massimo due figli, limite che è stato imposto dal governo ultimamente.
Sono stati anche privati dei documenti di riconoscimento e non hanno diritto al voto. In molti tentano di lasciare il Paese con la speranza di trovare la libertà, ma di solito l'esodo verso Paesi come la Malesia, la Thailandia e l'Indonesia si rivela fatale. Molti periscono in mare durante traversate su mezzi di fortuna, altri trovano la morte una volta entrati via terra in Paesi confinanti, uccisi da agenti di frontiera e popolazioni ostili.
Alcuni governi hanno vietato addirittura di soccorrerli. Lo scorso maggio in Thailandia sono state trovate alcune fosse comuni con numerosi corpi appartenenti all'etnia Rohingya. L'unica speranza è che il nuovo governo birmano possa mettere freno alle violenze, ma bisogna farlo presto.