WhatsApp è un servizio di messaggistica istantanea che anni fa ha preso largo ragione nel mondo dei giovanissimi e non. E' successo a Costa di San Francesco al Campo, in provincia di Torino, un accadimento assolutamente increscioso. WhatsApp (soprattutto per i giovanissimi) dovrebbe essere un sobrio strumento di svago per dialogare con gli amici, una volta terminati i compiti e gli impegni della giornata che anche un adolescente deve avere, tra attività sportive e musicali ed hobby personali. Ben 22 giovani tra i 12 e 13 anni sono stati sospesi a scuola: ecco il perché.

WhatsApp: foto ai prof in aula, genitori indignati

Cosa hanno fatto questi 22 ragazzini della scuola Mario Costa di San Francesco al Campo? Si scambiavo attraverso gruppi attivi su WhatsApp, fotografie degli insegnanti, accompagnandole da frasi estremamente offensive e di scherno, oltre a ragazzine che si fotografavano tra loronegli spogliatoi, durante le ore di ginnastica. Dopo essere stati 'beccati', le sospensioni ed i provvedimenti sono stati indiscutibilmente clementi (sei alunni sono stati richiamati solo per una giornata, altri per alcune ore) e, alcuni dei genitori dei ragazzini coinvolti, invece di evidenziare nuovamente gli errori dei figli, si sono scagliati contro la scuola minacciando di avanzare iniziative legali per 'violazione della privacy'.

E' davvero necessario che un ragazzino di 13 anni debba avere il cellulare? E inoltre, avere un cellulare può essere utile ma, durante le lezioni, non dovrebbe essere spento invece di avere una connessione dati attiva e WhatsApp online? La violazione della privacy che lamentano i genitori nasce da un gesto di un professore che, vedendo gli alunni ridere di lui, ha sequestrato loro gli Smartphone controllandone il contenuto.

Quello che ne è venuto fuori riguardava fotografie e filmati di ragazzine e professori, scambiati allegramente all'interno di gruppi su WhatsApp, quando il regolamento scolastico vieta l'uso degli smartphone durante le lezioni. Quello che però permette una riflessione è la reazione di genitori in difesa dei figli per partito preso, anche di fronte un comportamento - che di regola - andrebbe punito a parole, con profonde considerazioni.

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