Licio Gelli è morto ieri pocoprima delle 23presso la sua residenza "Villa Wanda" ad Arezzo, dove dal 2001 viveva agli arresti domiciliari per scontare la condanna a dodici anni per la bancarotta del Banco Ambrosiano. Aveva fatto parlare disé piùvolte anche negli ultimi tempi,per la sua partecipazionead una trasmissione televisiva sulla massoneria o quando convolò aseconde nozze con un'infermiera romena, Gabriela Vasile, ben 39 anni più giovane di lui.
E' proprio la seconda moglie che l'ha assistito in questi ultimi mesi, quandola salute del "venerabile maestro" della P2 andava vacillando.
C'erano stati diversi ricoveri e poi da alcuni giorni le sue condizioni erano peggiorate, al punto che i familiari hanno deciso di riportarseloa casa dalla clinica pisana San Rossore (per un certo qual caso la stessa dove Papa Francesco sarebbe stato curato alcuni mesi fa per un tumore, secondo la notizia in escluivadata dal Quotidiano Nazionale, poi smentita dal pontefice stesso).
La Propaganda Due e il meccanismo del potere
Gelli era nato a Pistoia il 21 aprile del 1919 ed è a tutti noto per aver ideato ed essere stato a capo della Propaganda Due (P2), la loggia massonica segreta a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, alla quale aderirono volti noti del panorama italiano: Berlusconi, Calvi, Cicchitto, Sindona e altri imprenditori, parlamentari e militari di alto grado delle Forze Armate.
In definitiva, Gelli fu uno dei principali protagonisti di tutto quel periodo "occulto" dellaPrimaRepubblica. Dotato di un forte estro, dai toni stravaganti e a volte bizzarri, era capace di coinvolgere con le sue idee surreali, a volte anche valide. Sua è la frase: "ll vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media".
Se ne comprende quindi anche il rapporto, seppure controverso, con Silvio Berlusconi, a quei tempi imprenditore televisivo la cui popolarità emergeva.
Uno stato nello stato. Questo era quello che da faccendiereriuscì a creare con la P2. E lo disse chiaramente: "Avevamo lo Stato in mano". Aveva perfino coinvolto i principali esponenti di Cosanostra. Contattò Luciano Liggio, e gli parlò di un colpo di stato. Ma Liggio rifiutò.