Che nel Novecento gli Stati Uniti abbiano ficcato il naso un po' ovunque, a livello internazionale, è stato ormai constatato. Il fatto sconcertante è che continuino a farlo tuttora. Basta dare un'occhiata a quello che è appena stato scoperto sulle intercettazioni dell'ex primo ministro Silvio Berlusconi effettuate da un'agenzia americana per capire che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ma prima di entrare nel particolare, scopriamo di che vizio si tratta facendo un breve salto nel secolo scorso.

Le premesse

Durante quello che è stato definito "il secolo americano" gli Stati Uniti sono intervenuti e hanno cambiato per sempre il destino di numerosi paesi in tutto il mondo.

Lo hanno fatto in Sud America, dove hanno dato vita a numerose Repubbliche delle banane (repubbliche si fa per dire, erano per la maggioranza oligarchie e dittature), le cui monocolture erano strettamente controllate dalle multinazionali statunitensi. Lo hanno fatto in Europa, nel secondo dopoguerra e durante la Guerra Fredda, controllando, anche se indirettamente, la politica interna dei vari Paesi, e annettendoli alla propria sfera di influenza in funzione antisovietica. Lo hanno fatto in Medio Oriente e in Indocina, intervenendo anche militarmente, a volte sotto forma di peacekeeping, ma molto spesso cercando di instaurare un baluardo occidentale nell'estremo est e di imporre un modello di vita voluto da nessuno se non da loro.

Se si pensava che con il crollo del muro di Berlino questa ingerenza a livello internazionale sarebbe scomparsa e si sarebbe venuto a creare un clima di fiducia almeno tra i paesi storicamente alleati, come per esempio tra Italia e Stati Uniti, ci si sbagliava di grosso.

Il fatto

Il 23 febbraio WikiLeaks ha reso note una serie di intercettazioni effettuate tra il 2008 e il 2011 dalla National Security Agency, l'Agenzia americana per la Sicurezza Nazionale.

Gli intercettati sono l'ex primo ministro italiano Silvio Berlusconi e alcuni importanti esponenti del suo governo. La reazione di tutti i partiti, ma soprattutto di Forza Italia, è stata forte, e la Farnesina ha convocato l'ambasciatore americano in Italia John Phillips per avere chiarimenti. Portata la richiesta a Washington, ieri sera è arrivata la risposta dal Dipartimento di Stato americano, che attraverso il portavoce Mark Toner ha comunicato: “Non conduciamo alcuna attività di sorveglianza di intelligence a meno che non vi sia una specifica e valida ragione di sicurezza nazionale.

E ciò si applica a cittadini ordinari come a leader mondiali”.

Ha affermato inoltre che “il presidente (Obama) è stato chiaro sul fatto che, a meno che non vi sia uno stringente motivo di sicurezza nazionale, non monitoreremo le comunicazioni di capi di Stato e di governo dei nostri amici e alleati”. Eppure queste intercettazioni sembrano riguardare non tanto temi legati alla sicurezza nazionale statunitense, quanto invece temi di ordine economico, come l'atteggiamento del governo italiano all'indomani della crisi finanziaria internazionale scoppiata nel 2008. Oppure, altro esempio che coinvolge anche diversi leader europei, un'intercettazione in cui il consigliere di Berlusconi per le relazioni internazionali Valentino Valentini offre un resoconto dell'incontro avvenuto il 22 ottobre 2011 tra il premier italiano, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Sarkozy.

Tuttavia episodi del genere non dovrebbero più ripetersi. Nonostante gli Usa si riservino di intervenire qualora sia a rischio la loro sicurezza, nel 2014 le procedure sullo spionaggio telefonico sono state riviste in senso restrittivo su richiesta del presidente americano Barack Obama.