La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a venti anni di carcere per Salvatore Parolisi. Imputato dell’omicidio della moglie Melania Rea, all’ex Caporal maggiore dell’esercito, nel febbraio 2015, non era stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà, e la condanna di Parolisi era stata alleggerita tanto da passare da trenta a vent’anni di carcere. La Quinta sezione Penale della Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dai legali dell’imputato contro la sentenza emessa il 27 maggio dell’anno scorso. La Procura di Cassazione in data odierna ha ottenuto dai giudici della V sezione Penale della Suprema Corte la condanna a vent’anni di reclusione.

Melania Rea, moglie dell’imputato, fu uccisa nell’aprile del 2011 con trentacinque coltellate e ritrovata due giorni dopo nei boschi del Teramano. Era scomparsa a Colle S. Marco, dove si era recata con il marito e la figlia Vittoria e dopo intense e febbrili ricerche l’amaro epilogo del suo corpo straziato, senza vita, ritrovato grazie ad una telefonata anonima.

Una relazione extraconiugale che durava da tempo

Parolisi aveva una relazione con una soldatessa, Ludovica, e voleva vivere fino in fondo la sua love story, tanto da considerare il legame con Melania un ostacolo da superare e di cui liberarsi definitivamente. Su questo caso è stato scritto di tutto, analizzato in ogni dettaglio, scandagliata fino in fondo ogni circostanza, ma ciò che rimane oggi è la sentenza di colpevolezza che dovrebbe mettere un punto fermo a questa vicenda così raccapricciante.

Negli atti delle indagini il tutto viene motivato come Il dilemma di Parolisi, che, in occasione delle vacanze pasquali, non sapeva tra chi dividersi: se tra i genitori della moglie, oppure tra quelli di Ludovica che per l’occasione avevano prenotato una suite ad Amalfi, dove i due piccioncini avrebbero dovuto trascorrere i giorni della festività pasquale e ufficializzare una relazione che durava da tempo.

Un gesto inconsulto quello dell’ex Caporal maggiore Parolisi che evidentemente aveva deciso di non scegliere, ma che alla fine ha risolto ammazzando la moglie ed inscenando una macabra quanto stucchevole messinscena. Come dimenticare l’apparizione di Parolisi nella trasmissione “Chi l’Ha Visto” che con voce querula si sforzava di piangere davanti alle telecamere, per lasciare poi la scena in tutta fretta con la scusa di ritornare dalla figlioletta Vittoria.

La bambina per il momento è stata affidata ai nonni, sperando che la patria potestà gli venga definitivamente tolta.

Ricorso alla Corte Europea di Strasburgo

Quando un uomo non è un buon marito, riesce a essere fino in fondo un buon padre? La sentenza, per il momento, dovrebbe ripristinare l’importanza di una colpa da espiare per intero, poiché tra gli anni trascorsi in carcere ed i venti di condanna, già una buona fetta della colpa risulta essere stata scontata. Forse non è un caso che gli avvocati di Parolisi, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, abbiano annunciato il ricorso alla Corte Europea di Strasburgo per capire se il loro cliente abbia ottenuto un giusto processo. Intanto Parolisi ha ottenuto l’esclusione dell’aggravante della pena, misura difficile da capire, in quanto da più parti ci si chiede se non sia un atto crudele massacrare con trentacinque coltellate il corpo di una donna.

A Strasburgo chissà se conoscono cosa sia la piaga del femminicidio e se tali crimini vengano severamente puniti oppure, attraverso cavilli legislativi, alleggeriti di colpe non proporzionali alle pene inflitte.